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Covid 19

Scoperte molecole che bloccano l’attacco del coronavirus alle cellule umane: ricerca italiana

Scienziati italiani dell’Università di Perugia e dell’Università degli Studi di Napoli Federico II hanno identificato molecole endogene (prodotte dall’organismo) in grado di bloccare l’accesso al coronavirus SARS-CoV-2 alle cellule umane, reagendo con la proteina S del patogeno. Fra esse figurano steroidi naturali e acidi biliari; potrebbero essere efficaci nel trattamento della forma iniziale della COVID-19.
A cura di Andrea Centini
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In giallo le particelle virali del coronavirus, in blu e viola le strutture della cellula invasa. Credit: NIAID
In giallo le particelle virali del coronavirus, in blu e viola le strutture della cellula invasa. Credit: NIAID
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Scienziati italiani hanno scoperto molecole prodotte dal nostro organismo in grado di ostacolare l'accesso alle cellule umane al coronavirus SARS-CoV-2, impedendogli di fatto di avviare il processo di replicazione e dunque l'infezione, chiamata COVID-19. Tra le caratteristiche più interessanti il fatto che non si tratta di molecole legate al sistema immunitario, ma sono di tipo endogeno e sintetizzate da vari organi. Fra esse ci sono steroidi naturali e acidi biliari prodotti nel fegato e nell'intestino, che giocano un ruolo fondamentale nei processi digestivi e nel metabolismo del colesterolo. Alcuni sono principi attivi già approvati per il trattamento di altre condizioni.

A individuare le molecole è stato un team di ricerca tutto italiano,composto da scienziati di vari dipartimenti dell'Università di Perugia e dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. A coordinare l'indagine il professor Stefano Fiorucci, specialista in Gastroenterologia del Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Biomediche dell'ateneo umbro; la professoressa Angela Zampella e il dottor Bruno Catalanotti dell'università partenopea. Gli scienziati hanno rintracciato le molecole grazie alle scienze computazionali, che hanno sfruttato per scandagliare un database di principi attivi – sia naturali che sintetici – già approvati per l'uso clinico (sull'uomo) dalla Food and Drug Administation (FDA) americana, l'agenzia governativa che si occupa della regolamentazione di prodotti alimentari, farmaci e terapie sperimentali.

Ma come hanno fatto a scoprire molecole efficaci contro il nuovo coronavirus emerso in Cina? Grazie ad algoritmi informatici hanno identificato sostanze in grado di reagire con la proteina S o Spike del SARS-CoV-2, quella a forma di “ombrellino” che circonda il peplos o pericapside (il guscio esterno) del patogeno e che dona ai virus della famiglia dei coronavirus quel tipico aspetto a corona, quando osservati attraverso il microscopio elettronico. Il patogeno si serve della proteina S per legarsi al recettore ACE2 delle cellule umane, disgregare la parete cellulare, riversarsi all'interno e avviare il processo di replicazione, scatenando così l'infezione. Le sostanze identificate interagiscono con il receptor binding domain (RBD) della proteina Spike, ostacolando di fatto l'ingresso del virus e dunque la malattia.

Tra quelle individuate figurano acidi glicirretinici e oleanolici, oltre che derivati degli acidi biliari glyco-UDCA e l'acido obeticolico. Come specificato dagli autori della ricerca in un comunicato stampa, “gli acidi biliari primari (ossia quelli generati nel fegato) legano, anche se con bassa efficienza, l'RBD di Spike, mentre acidi biliari attualmente usati in terapia (acido ursodessocolico) e loro metaboliti inibiscono il legame tra RBD di Spike ed ACE2 di circa il 50%. Anche acidi biliari semisintetici possiedono la tale capacità”. “Analogamente ad acidi biliari endogeni, sostanze naturali, quali alcuni triterpenoidi (acido betulinico, acido oleanolico ed acido glicirrizzico), sono in grado di legare l'RBD di Spike e sono moderatamente efficaci nel ridurre il legame con ACE”, hanno aggiunto gli studiosi.

Ciò che emerge da questa indagine è un meccanismo di difesa attuato dall'organismo che opera in sinergia con quello immunitario, e che verosimilmente risulta efficace solo quando il paziente è esposto a una bassa carica virale. Poiché si tratta di principi attivi usati da anni e dei quali è stata acclara la sicurezza sui pazienti, tuttavia, potrebbero presto diventare terapie specifiche contro la COVID-19 nella fase iniziale. Gli autori della ricerca sottolineano infatti che “dal punto di vista della terapia di COVID-19, sembra probabile che l'approccio sviluppato non consentirà di trattare pazienti con quadri gravi di distress respiratorio, perché gli anticorpi del siero iperimmune ottenuto da pazienti guariti da COVID-19 sono molto più efficaci nell' inibire il legame tra Spike con ACE2 delle molecole da noi scoperte”. I dettagli della ricerca “Hijacking SARS-Cov-2/ACE2 receptor interaction by natural and semi-synthetic steroidal agents acting on functional pockets on receptor binding region” sono stati resi disponibili sul database online BiorXiv, in attesa della revisione paritaria e della pubblicazione su una rivista scientifica.

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