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Rosolia eliminata in 80 nazioni, ma non in Italia: siamo il terzo Paese europeo per numero di casi

Con ventuno casi confermati nel 2018, l’Italia è al terzo posto in Europa (dopo Polonia e Germania) per numero di diagnosi di rosolia, malattia infettiva innescata dal Rubella virus. Secondo un nuovo rapporto dell’OMS sono stati fatti concreti passi in avanti nel contrasto alla patologia, cancellata da 80 Paesi. Ad oggi ancora in 26 non mettono a disposizione il vaccino per i propri cittadini.
A cura di Andrea Centini
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Nel 2018 in Italia sono stati registrati ventuno casi confermati di rosolia; ciò significa che il nostro Paese fa parte di quelli in cui la patologia non è stata ancora debellata. Ad oggi la malattia virale è scomparsa in 80 Paesi. A evidenziarlo i dati pubblicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in un nuovo report dedicato alla diffusione della patologia infettiva, innescata dal Rubella virus. Gli scienziati dell'OMS lo hanno messo a punto con i colleghi dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) americani.

Nonostante in Italia vengano ancora diagnosticati diversi casi, sono stati compiuti enormi passi in avanti nel contrasto alla malattia, soprattutto grazie alla diffusione dei vaccini in diversi Paesi prima scoperti. Ad oggi, tuttavia, 26 nazioni non hanno ancora introdotto il vaccino per la rosolia, e si stima che almeno tre bambini su dieci non ne siano protetti. Benché nei piccoli la malattia si manifesti con sintomi lievi, come febbre, nausea, congiuntivite ed eruzioni cutanee, nelle donne allo stadio iniziale della gravidanza può avere effetti catastrofici sul feto. Come indicato nel rapporto, nel 90 percento dei casi la rosolia si trasmette al piccolo portato in grembo, determinando aborto spontaneo, morte alla nascita, disabilità o gravi malformazioni congenite.

Per quanto concerne l'Europa, nel 2018 l'Italia si è "classificata" al terzo posto per il maggior numero di contagi, dietro la Polonia con 450 e la Germania con 58. I dati parziali per il 2019 indicano 15 casi in Italia, 28 in Germania e 216 in Polonia. Recentemente si è sviluppato un focolaio epidemico in Giappone, con ben 2.116 casi nella prima parte del 2019 (nel 2018 furono 68 e nel 2017 soltanto 5). Ciò suggerisce che la patologia possa tornare a diffondersi rapidamente, se non la si contrasta con una copertura vaccinale efficace. Basti pensare agli Stati Uniti, dove oggi la malattia è debellata, ma dove in passato, quando il vaccino non era ancora disponibile, fu protagonista di un gravissimo focolaio con milioni di contagi che hanno prodotto migliaia di aborti spontanei.

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