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Risse tra tifosi di calcio: ora sappiamo perché scatta la violenza

Studiando il comportamento di 465 tifosi-teppisti brasiliani, ricercatori dell’Università di Oxford hanno evidenziato che la molla che fa scattare la violenza non risiede nel disadattamento sociale, ma dall’intensa coesione che si instaura tra i vari membri del gruppo, un retaggio della nostra storia evolutiva.
A cura di Andrea Centini
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La violenza scatenata dai ‘tifosi' di calcio, il cosiddetto hooliganismo, non sarebbe alimentata da un disadattamento, come indicato da numerose ricerche sul tema, ma dai fortissimi legami sociali che si instaurano in questi gruppi. A spingerla, ad esempio, il desiderio di protezione dei membri da ciò che loro considerano i ‘nemici', che in base alle circostanze possono essere altri gruppi di tifosi e talvolta le forze dell'ordine. È l'eredità di un comportamento tribale le cui origini evolutive risalgono ai primordi della nostra specie, quando si formavano gruppi di combattimento per migliorare l'accesso a risorse come cibo, territorio e compagni.

A lanciare questa ipotesi, che potrebbe avere ripercussioni sul metodo di approcciare i tifosi-teppisti, un team di ricercatori britannici dell'Istituto di antropologia cognitiva ed evolutiva presso l'autorevole Università di Oxford. Gli studiosi, coordinati dalla psicologa Martha Newson, sono giunti a questa conclusione dopo aver seguito 465 tifosi brasiliani noti per i loro comportamenti delinquenziali in relazione alle partite di calcio. Gli studiosi hanno rilevato che questi ‘teppisti da stadio' in realtà non hanno un comportamento particolarmente disfunzionale in altri ambienti, come casa, scuola e lavoro, ma è proprio l'aggregazione sociale che il tifo comporta a spingerli a simili gesta. Un dato che fa riflettere, dato che la stragrande maggioranza dei tifosi riuniti negli stadi è pacifica e festante, come dimostrano le immagini dei mondiali in corso.

“Il nostro studio dimostra che il teppismo non è un comportamento casuale. I membri dei gruppi di hooligan non sono necessariamente persone disfunzionali al di fuori della comunità calcistica”, ha dichiarato la professoressa Newson. “Essere in un gruppo di super tifosi che si interessa appassionatamente al calcio aumenta istantaneamente i rischi ed è un fattore di violenza nel calcio, non solo perché questi tendono a essere più impegnati nel loro gruppo, ma anche perché tendono a sperimentare gli ambienti più pericolosi”. L'esempio è quello del ‘confronto' tra tifoserie alle porte di uno stadio, o magari a un autogrill, situazioni che fomentano i più esagitati.

Uno degli aspetti interessanti di questa indagine risiede nel fatto che la psicologia di base emersa in questi gruppi di tifosi può essere applicata anche ad altri ambiti, come quello politico e religioso. Poiché l'intensa coesione sociale è la molla che fa scattare il comportamento delinquenziale, Newson e colleghi suggeriscono che le società e le autorità potrebbero sfruttare questa caratteristica a proprio vantaggio. Non è raro che questi si impegnino ad aiutare gli altri supporter (anche con donazioni di denaro) quando nemmeno si conoscono; questo legame sociale di protezione del gruppo potrebbe dunque essere alimentato per promuovere comportamenti positivi. Mentre rispondere con un'estrema sorveglianza, come suggeriscono i ricercatori, potrebbe avere l'esito opposto a quello desiderato. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Evolution and Human Behavior.

[Credit: Capri23auto]

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