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Rinoceronti sempre più a rischio estinzione a causa dei bracconieri

Soltanto nel 2011, in Sudafrica, sono 287 gli esemplari di rinoceronte caduti sotto i colpi di bracconieri che li ammazzano per potersi appropriare del loro corno.
A cura di Nadia Vitali
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Cacciare un rinoceronte per poterne rivendere il prezioso corno sul mercato nero è vietato dalla legge nei paesi sia dell'Africa che dell'Asia in cui questo splendido animale vive; cionondimeno il bracconaggio è sempre in agguato e, in particolare negli ultimi anni, si è assistito ad una recrudescenza del fenomeno a cui i funzionari del Sudafrica hanno tentato di rispondere aumentando la protezione per gli animali e, soprattutto, imponendo pene esemplari a chi infrange questa legge.

La perdita di 287 esemplari nel 2011, di cui 16 erano rinoceronti neri, a rischio estinzione a differenza dei bianchi, ha portato il Sudafrica ad arrestare e a condannare, anche fino a 12 anni di carcere, 265 persone tutte coinvolte a vario titolo nella caccia al rinoceronte e nel commercio del loro corno. Il WWF è naturalmente in prima linea nel chiedere un impegno ugualmente severo da parte dei paesi asiatici che, tuttavia, ancora non rispondono con misure che siano dure come quelle adottate dallo stato africano.

Tutto questo, sebbene la situazione per il grosso mammifero sia in Asia ben più compromessa che in Africa: la crescente deforestazione, unita alla caccia, ha portato le tre specie di rinoceronte asiatico, l'indiano, quello di Giava e quello di Sumatra, sull'orlo dell'estinzione. La richiesta, invece, è rimasta invariata: la medicina cinese, infatti, ricorre ancora al corno del rinoceronte per curare malattie quali la febbre, l'epilessia, la malaria ed altre tipologie di malanni, ma l'ultimo rinoceronte in Cina è stato ammazzato più di mille anni fa.

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Anche la moda, aumentata a partire dagli anni '70, di possedere pugnali dal manico curvo, realizzati proprio con il prezioso corno, ha contribuito non poco ad aumentare questa inutile, ingiustificabile carneficina. Cercare di fermare la domanda che, naturalmente, incita i bracconieri e che proviene soprattutto dai paesi dell'estremo oriente, potrebbe essere fondamentale per porre un freno a questo traffico barbaro che sta distruggendo una delle creature più belle del nostro pianeta; ma, per il momento, i diretti interessati non danno alcun segnale di voler compiere un passo in questa direzione.

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