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Quei Re venuti da terre lontane

Seguendo una cometa, giunsero fino alla grotta di Betlemme. Figure esotiche e per molti aspetti misteriose, ma quali sono i simboli legati ai Magi?
A cura di Nadia Vitali
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Seguendo una cometa, giunsero fino alla grotta di Betlemme. Figure esotiche e, per molti aspetti misteriose, quali sono i simboli legati ai Re Magi

Noi li chiamiamo Gaspare, Melchiorre e Baldassarre ma, in verità, i nomi dei Magi variano nella tradizione cristiana di altri paesi; e, molto spesso ci riferiamo ad essi attribuendo loro il titolo di Re che però non è preciso: perché Magi era il termine con cui si indicavano i sacerdoti nello zoroastrismo, uno dei più antichi culti monoteisti conosciuti della storia dell'umanità, precedente addirittura all'ebraismo, e che a tutt'oggi conta ancora molti seguaci non solo nelle aree che ne videro l'origine, come l'Iran, l'India e il Pakistan, ma anche in alcuni centri urbani di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Canada.

Una religione ma anche una filosofia, nata in quella terra magica che fu la Persia dalle parole del profeta Zarathustra (noto ai greci come Zoroastro), in cui l'Inferno ed il Paradiso cristiani hanno i loro corrispondenti ma dove, alla fine dei tempi, le anime di tutti, anche quelle dei peccatori, potranno vivere alla presenza di dio, Ahura Mazda, perché il male sarà stato definitivamente annientato e l'universo purificato. Gli appartenenti a questa casta sacerdotale chiusa ed ereditaria erano degli esperti osservatori del cielo, conoscevano gli astri ed il firmamento perfettamente, nell'epoca in cui non c'era alcuna distinzione tra astronomia ed astrologia.

E proprio la loro abilità li mise sulla strada della grotta di Betlemme, poiché fu la cometa di cui seguirono il cammino a guidarli nel lungo viaggio da Oriente, come sappiamo da Matteo, l'unico degli evangelisti che narra di questi uomini venuti da lontano per adorare il nuovo Re nato; sebbene il passo non specifichi quanti fossero i magi, la tradizione successiva, richiamandosi principalmente ai tre doni che vennero offerti al bambino, si è assestata sul numero di tre: ma, in verità, avrebbero potuto essere di più o di meno.

Simbolo dello straniero che, in quanto tale, è sempre guardato con sospetto e diffidenza; eppure gli unici, seppur venuti da lontano, a riconoscere il Messia, colui che Dio aveva inviato sulla terra a sua testimonianza e che, tuttavia, veniva rifiutato dalla società politica e religiosa. Ma, in quanto depositari delle antichissime conoscenze di quel culto nato sull'altopiano iranico, culla della civiltà, anche immagini del legame tra l'antica religione monoteista e la nuova che muoveva i suoi primi passi proprio nella fredda ed umile grotta.

I misteriosi saggi provenienti da quell'Oriente già giudicato depositario di ogni sapere primordiale, non dimenticarono di omaggiare il Re appena nato con preziosi doni: l'oro che richiama la regalità, l'incenso che ricorda la divinità e la mirra, pianta nota alla farmacologia naturale utilizzata per preparare unguenti medicamentosi ma, in tempi antichi, ricorrente nella preparazione dei corpi alla sepoltura: un simbolo dell'espiazione dei peccati, dunque, forse un richiamo alla morte a cui andrà incontro Gesù e all'espiazione dei peccati.

Una piccola annotazione, poche righe all'interno di un Vangelo, parole a cui forse lo stesso Matteo non aveva dato immensa importanza, ma che sono diventate protagoniste dell'intera cultura occidentale grazie all'indiscutibile fascino di cui è intriso il breve racconto dei Magi: assurto ad episodio fondamentale nella tradizione che, ogni anno, ricorda sempre di lasciare nel presepe uno spazio di fronte alla grotta con la Sacra Famiglia, dove potranno essere sistemati i tre saggi quando giungeranno cavalcando tre destrieri, uno bianco, uno nero, uno baio.

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