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Covid 19

Quanto durano gli anticorpi generati dai vaccini Covid e dall’infezione naturale

Tra le informazioni più preziose per gestire la pandemia di COVID-19 vi è quella relativa alla durata dello “scudo immunitario”, sia quello innescato dall’infezione naturale da coronavirus SARS-CoV-2 che quello dei vaccini. Ecco cosa hanno scoperto gli scienziati sino ad oggi, studiando campioni di sangue e coorti di pazienti.
A cura di Andrea Centini
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A poco più di un anno dall'inizio della pandemia di COVID-19, medici e scienziati hanno imparato a conoscere piuttosto bene il coronavirus SARS-CoV-2 e l'infezione da esso provocata. Ciò nonostante, la storia naturale della malattia è ancora molto breve, dunque vi sono diverse informazioni ancora coperte da un velo di mistero, almeno parzialmente. La più importante di tutte è sicuramente quella relativa alla durata dell'immunità legata agli anticorpi neutralizzanti (le immunoglobuline IgG) e alla risposta cellulare; non solo quella dovuta all'infezione naturale, ma anche quella innescata dai vaccini anti COVID. Si tratta di una informazione estremamente preziosa per la gestione della pandemia, essendo strettamente connessa al rischio di reinfezione e alla necessità di sottoporsi a ulteriori somministrazioni di vaccino nel corso del tempo. Ampliando il discorso, sapere quanto dura l'immunità può anche riflettersi sulla libertà di spostamento; basti pensare che la presenza di anticorpi contro il virus sarà uno dei parametri su cui si baserà la “carta verde” per permettere i viaggi in Europa dalla prossima estate, assieme alla comprovata vaccinazione e al tampone negativo.

Iniziamo dall'infezione naturale. Dunque, quanto durano esattamente gli anticorpi protettivi scaturiti dal contagio? Un dato sicuro al 100 percento ancora non c'è, ma diversi studi hanno confermato che tale protezione possa durare per almeno 6 mesi. Un team di ricerca australiano guidato da scienziati dell'Università Monash di Melbourne, analizzando campioni di sangue di pazienti contagiati ha determinato che le cellule B della memoria – responsabili della produzione di anticorpi neutralizzanti specifici contro la proteina S o Spike del coronavirus – erano presenti a oltre 8 mesi dal contagio. Sebbene la conta degli anticorpi risultasse ridotta già 20 giorni dopo la fase acuta dell'infezione, la permanenza di queste cellule della memoria garantisce la creazione di “forze fresche” non appena si viene nuovamente esposti al virus. Un altro studio coordinato da ricercatori del La Jolla Institute for Immunology e dell'Università della California di San Diego ha rilevato nel sangue dei pazienti COVID una concentrazione di cellule della memoria (legate alla cosiddetta immunità umorale) a sei mesi dal contagio così elevata da ritenere che la protezione dal ricovero in ospedale, dalla forma grave della COVID-19 (e dunque dalla morte) potrebbe durare addirittura per anni. Secondo un'altra indagine condotta dalla UkBiobank, nell'88 percento dei guariti da COVID-19 gli anticorpi nel sangue sono stati osservati per almeno 6 mesi.

Nonostante questi studi, tuttavia, al momento non esiste ancora un dato preciso sulla durata dello "scudo immunitario" naturale. Nel recente documento “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione” realizzato in collaborazione tra Istituto Superiore di Sanità (ISS), INAIL, Ministero della Salute e AIFA viene fatto riferimento a uno studio multicentrico che ha coinvolto circa 7mila operatori sanitari in Gran Bretagna. In questo caso specifico, la durata dell'effetto protettivo in chi era stato precedentemente infettato dal coronavirus è stato in media di 5 mesi. Dunque inferiore a quello emerso dagli studi di laboratorio. Va tenuto presente che ad alimentare il rischio di reinfezione vi sono anche le varianti del coronavirus SARS-CoV-2, in particolar modo quelle dotate della mutazione E484K sulla proteina S o Spike, come la sudafricana e la brasiliana. Nella città di Manaus, in Brasile, dalla fine dello scorso anno gli scienziati hanno iniziato a osservare un boom di contagi, nonostante fosse stata colpita duramente durante la prima ondata della pandemia (tanto da aver fatto addirittura pensare all'ottenimento dell'immunità di gregge). Gli esperti ritengono che la variante brasiliana abbia “aggirato” gli anticorpi dell'infezione naturale e determinato reinfezione in molti casi. Anche la questione dei lignaggi mutati, dunque, è un fattore da tenere fortemente in considerazione in relazione alla durata dell'immunità umorale.

Per quanto concerne i vaccini, la situazione è ancora più "nebulosa". Gli scienziati sono certi che garantiranno una protezione più robusta di quella dovuta all'infezione naturale, tuttavia essendo le somministrazioni iniziate relativamente da poco non è ancora possibile avere una stima precisa. Nel documento “Domande e risposte sui vaccini COVID-19” dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) viene indicato quanto segue, in riferimento ai vaccini a RNA messaggero di Pfizer-BionTech e Moderna-NIAID: “La durata della protezione non è ancora definita con certezza perché il periodo di osservazione è stato necessariamente di pochi mesi, ma le conoscenze sugli altri tipi di coronavirus indicano che la protezione dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi”. Anche per quanto concerne i vaccini a vettore virale (adenovirus) come l'AstraZeneca e quello di Johnson & Johnson non ci sono dati a sufficienza per conoscere la durata della protezione. "La durata della protezione ottenuta con il vaccino al momento non è nota. Gli studi attualmente ancora in corso possono aiutare a ridurre questa incertezza", specifica l'AIFA.

Il virologo americano Shane Crotty dell'Istituto di immunologia di La Jolla ha affermato che la durata della protezione ottenuta con i vaccini ancora non la conosciamo, ma può innescare una protezione molto migliore di quella naturale, facendo l'esempio di ciò che avviene col papillomavirus umano. “L'infezione naturale suscita una risposta immunitaria terribile e anticorpi scadenti, ma il vaccino con una singola immunizzazione sviluppa anticorpi fantastici che sono protettivi al 99 percento nelle persone per più di 10 anni. La differenza tra il giorno e la notte”, ha concluso l'esperto. Non resta che attendere i primi dati ufficiali sulla copertura vaccinale per sapere quanto effettivamente saremo protetti dai vaccini anti COVID.

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