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Opinioni

Quanti sono (davvero) i malati di coronavirus in Italia

Quanti sono in realtà i contagiati in Italia? Dare una risposta precisa è problematico, perché al momento potremmo non stare intercettando tutti quei malati asintomatici che non solo possono spargere il virus, ma risultano anche fondamentali per capire quali sono i veri tassi di complicazioni e morte del coronavirus. Qualche stima, però, è possibile farla guardando la situazione cinese.
A cura di Marco Paretti
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Secondo l'ultimo bollettino della Protezione Civile, ad oggi in Italia sono presenti 47.021 contagiati, di cui 5.129 guariti e 4.032 morti, con un salto considerevole nel numero di contagi e morti in un solo giorno. Ma quanti sono in realtà i contagiati in Italia? Dare una risposta precisa è problematico, perché in questa situazione stiamo navigando seguendo i dati dei tamponi attualmente effettuati e analizzati dall'Istituto Superiore della Sanità, ma potremmo non riuscire a intercettare tutti quei malati asintomatici – che, pare, possono rappresentare un numero importante degli infetti – che non solo possono spargere il virus ma risultano anche fondamentali per capire quali sono i veri tassi di complicazioni e morte del coronavirus.

Attualmente si parla infatti di letalità apparente, che può essere ben diversa da quella effettiva: in base ai numeri, oggi siamo attorno all'8 percento di letalità per l'intero Paese. Si parla, però, di letalità apparente e non effettiva, perché non si conosce il numero esatto di contagiati, che ipoteticamente potrebbe essere molto più alto di quello noto. Capire quanti sono i contagi veri in Italia è fondamentale per studiare le strategie a lungo termine e capire come il virus colpisce il nostro corpo, non soltanto in caso di morte ma anche in caso di complicazioni, che con l'attuale situazione degli ospedali rappresentano l'elemento cardine della questione.

Per ottenere questo dato certo servirebbe un'analisi degli anticorpi su tutto il paese, perché nemmeno il tampone basterebbe: analizzando gli anticorpi, infatti, si ha la certezza di individuare anche chi ha avuto il virus e l'ha smaltito da asintomatico o con sintomi molto lievi che potrebbe aver scambiato per un'influenza. Lo spiega Scienzainrete in un'analisi approfondita che prova a fare il punto sulle stime dei contagi nel nostro paese associando i nostri dati con quelli provenienti dalla Cina.

Due sono i paralleli che è possibile fare tra la situazione italiana e quella cinese: il confronto tra il numero di decessi e quello tra casi sintomatici. Nel primo caso, la considerazione che Scienzainrete sottolinea fin da subito è che l'età degli italiani è mediamente più alta di quella dei cinesi. Questo implica il fatto che se in Italia l'età media fosse come quella cinese, la mortalità sarebbe circa il 40% di quella attuale. Tenendo in considerazione questo dato – cioè moltiplicando per 2,5 i decessi in Cina –  le curve di mortalità tra i due paesi sono molto simili e hanno come unica differenza le tempistiche: in Cina la curva ha iniziato ad abbassarsi circa 39 giorni prima rispetto a quella italiana, ma l'andamento è molto simile.

La curva della mortalità in Cina e Italia. Fonte: Scienzainrete
La curva della mortalità in Cina e Italia. Fonte: Scienzainrete

Il secondo paragone è quello tra i casi sintomatici e, in particolare, su quando hanno mostrato i primi sintomi. Come spiega la testata, questo dato è importante per capire lo svilupparsi dell'epidemia indipendentemente dal risultato positivo del tampone. È peraltro un altro dato che possiamo confrontare con la Cina, dove si nota che ad un certo punto i casi sintomatici sono aumentati rispetto alla situazione Italiana. Se infatti le curve dei morti procedono quasi di pari passo – con una leggera superiorità di quella italiana – quelle dei sintomatici iniziano a differire a partire dal 28 febbraio. Da questa data i sintomatici in Italia prendono una traiettoria lineare a differenza della Cina che invece continua a crescere. Perché?

L'interpretazione ottimista è che a partire dal 23 febbraio – cioè la data di normalizzazione meno i 5 giorni di incubazione – il numero di contagi sarebbe diminuito, anche grazie alle misure di contenimento prese nelle zone più colpite. La realtà, però, è probabilmente un'altra: mancano i dati delle persone sintomatiche a partire dal 28 febbraio. Tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo il numero di tamponi effettuati sugli italiani si è infatti abbassato notevolmente e ha portato ad un dato che non tiene conto né dei sintomatici individuati con qualche giorno di ritardo né di chi ha sintomi leggeri e non è stato testato. Il rallentamento, insomma, sarebbe solo apparente.

La curva del numero di sintomatici in Cina e Italia. Fonte: Scienzainrete
La curva del numero di sintomatici in Cina e Italia. Fonte: Scienzainrete

Dare una risposta alla domanda sul numero di casi italiani è quindi molto complesso, come sottolinea Scienzainrete. Si potrebbe supporre che i contagi in Italia siano in realtà sulla scia di quelli cinesi, di fatto rendendo il numero di infetti nel nostro paese quattro volte più grande delle stime attuali. Un dato che porta ovviamente con sé una buona notizia, cioè un abbassamento della letalità intorno al 2 percento. Una stima di questo tipo, però, implica il fatto che attualmente stiamo individuando un solo malato su 4, elemento che impone un'attenzione sempre crescente alle strategie di contrasto alla pandemia perché implica il fatto di avere a che fare con un grande numero di asintomatici infettivi.

In Cina questa strategia di controllo ha portato i suoi frutti, ma ha coinvolto migliaia di operatori distribuiti per le strade di Wuhan alla ricerca dei contatti stretti avuti dai positivi. In questo modo si è risaliti a decine di migliaia di persone che hanno avuto contatti con infetti: tra l'1 e il 5 percento di queste sono risultate positive al coronavirus. Nel panorama di Wuhan, sono stati individuati 50 contatti per ogni caso clinico e questo approccio ha permesso di trovare un infetto ogni due casi confermati. Per questo la differenza è enorme con i dati italiani: noi non stiamo ancora ricercando in maniera così sistematica i contatti stretti.

La conclusione dell'analisi di Scienzainrete è quella di portare questo approccio anche in Italia individuando almeno 50 contatti stretti per ogni caso, per poi domandargli telefonicamente qual è il loro stato. In assenza della possibilità di aumentare considerevolmente il numero di tamponi, questa soluzione garantirebbe di avere un quadro sulla salute delle persone a rischio – intese come quelle che hanno avuto contatti con infetti – e di poter testare rapidamente quelle che mostrano i primi sintomi, anche se lievi.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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