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Covid 19

Quant’è letale il coronavirus rispetto a un’influenza aggressiva

In base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), mediamente in Italia l’influenza e le complicazioni ad essa associate provocano la morte di circa 8mila persone ogni anno. La COVID-19, l’infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, in base ai dati preliminari sembra essere decisamente più letale di un’influenza, anche rispetto a quella di stagioni particolarmente aggressive, ciò nonostante mancano ancora dati certi per poter fare un confronto accurato.
A cura di Andrea Centini
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È più letale la COVID-19, ovvero l'infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, oppure un'epidemia di influenza particolarmente aggressiva? Per rispondere a questa domanda si può fare riferimento alle stime fornite dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che in un comunicato del 3 marzo ha affermato che, a livello globale, circa il 3,4 percento dei casi di coronavirus riportati è deceduto, mentre in confronto l'influenza stagionale “generalmente uccide molto meno dell'1 percento delle persone infettate”. Secondo i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) americani, negli Stati Uniti il tasso di mortalità dell'influenza stagionale si aggira attorno allo 0,1 percento, una percentuale indicata anche da altri istituti. Alla luce di questi numeri, il coronavirus sembrerebbe essere sensibilmente più letale dell'influenza, anche di una aggressiva, ma sul calcolo del reale tasso di mortalità della COVID-19 c'è ancora un ampio dibattito scientifico. Del resto non sappiamo quante persone sono state effettivamente infettate dal virus, tenendo presente che secondo uno studio dell'Imperial College di Londra ci sono 5-10 casi "fantasma" per ogni caso confermato. A dimostrazione di questa incertezza ci sono i risultati di diversi studi epidemiologici. Vediamone alcuni.

Secondo uno studio pubblicato sul China CDC Weekly il tasso di mortalità della COVID-19 per la Cina continentale è del 2,3 percento, mentre un'altra ricerca condotta su un migliaio di pazienti cinesi e pubblicata sul New England Journal of Medicine lo ha rilevato dell'1,4 percento. Ma nella provincia dello Hubei, dove si trova Wuhan, città epicentro dell'epidemia nel cui mercato sarebbe avvenuto il salto di specie (spillover) da un animale non identificato all'uomo nel novembre del 2019, esso avrebbe raggiunto il 2,9 percento, contro lo 0,4 percento delle altre province cinesi. Un altro studio pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases ha rilevato un tasso di mortalità del 12 percento nella sola Wuhan, del 4 percento nello Hubei e dello 0,9 percento nel resto della Cina. Altri studi suggeriscono lo 0,7 percento per la Cina. L'ISPI, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, stima che il tasso di letalità plausibile del virus in Italia sia dell'1,14 percento, che contrasta fortemente con il 9,9 percento determinato sulla base dei dati risalenti al 24 marzo. Il centro di ricerca, inoltre, stima che quello della Cina sia dello 0,66 percento, più basso di quello italiano poiché con una popolazione mediamente più giovane e dunque meno suscettibile alla complicazioni gravi della COVID-19.

Questi balzelli di dati non aiutano di certo a capire quale possa essere l'effettiva mortalità del coronavirus, e la ragione è semplice: non sappiamo quante sono le persone effettivamente contagiate. Ad esempio, in base a un recentissimo studio dell'Imperial College di Londra, si stima che nel nostro Paese possa essere stato già contagiato il 10 percento della popolazione (6 milioni di persone). Se questo fosse vero, ci sarebbe una differenza enorme col numero di contagiati ufficiali indicati dalla Protezione Civile, circa centomila nel momento in cui stiamo scrivendo. Sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins, nel nostro Paese si registrano attualmente 11.500 decessi: su 100mila siamo attorno al 10 percento, ma su 6 milioni è si tratta dello 0,2 percento circa. Un divario nella mortalità enorme. Il governo britannico sostiene che la mortalità del coronavirus sia compresa proprio tra lo 0,1 percento e l'1 percento, ma sempre sulla base dei dati della Johns Hopkins esso si attesterebbe attorno al 5 percento.

Alla luce di questi dati così discordanti, in questo momento è praticamente impossibile determinare con certezza quale sia il tasso di mortalità della COVID-19, mentre per l'influenza sono disponibili dati certi. In base a quanto affermato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), ogni anno in Italia è possibile attribuire all'influenza e alle sue complicazioni, mediamente, circa 8mila decessi, dei quali solo alcune centinaia sono considerati causati esclusivamente da essa. Come indicato, tuttavia, si tratta di una media. In alcuni anni, infatti, l'influenza colpisce molto duramente, portando a picchi di decessi in eccesso; fra le ultime stagioni più “nere” da questo punto di vista, si segnalano quelle del 2014/2015 e del 2016/2017, durante le quali, secondo lo studio “Investigating the impact of influenza on excess mortality in all ages in Italy during recent seasons (2013/14-2016/17 seasons)” pubblicato sull'autorevole Journal of Infectious Diseases e guidato da scienziati del National Institutes of Health, sono stati stimati rispettivamente 20.259 e 24.981 decessi in eccesso attribuibili alle epidemie influenzali. Questi numeri ci dimostrano che anche l'influenza può fare molte vittime, ma sulla base di quanto sostenuto dai principali enti sanitari mondiali, sono comunque in numero inferiore a quelli della COVID-19.

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