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Covid 19

Quali sono i “punti di forza” della variante Delta e perché è così pericolosa

Tra le diverse varianti del coronavirus SARS-CoV-2 in circolazione quella che sta preoccupando di più esperti e istituzioni è la variante Delta, precedentemente conosciuta come “seconda variante indiana” B.1.617.2. Ecco cosa sappiamo su trasmissibilità, rischio di infezione, resistenza ai vaccini e tassi di ricovero in ospedale.
A cura di Andrea Centini
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L'accelerazione delle campagne vaccinali contro il coronavirus SARS-CoV-2 sta facendo crollare contagi, ricoveri in ospedale e decessi per COVID-19 in molti Paesi, ciò nonostante sulla vittoria contro il patogeno pandemico incombe una minaccia assolutamente da non sottovalutare: le nuove varianti di preoccupazione (VOCs). Quella che al momento agita di più esperti e istituzioni è la famigerata variante Delta, ex seconda indiana B.1.617.2, che sta guidando i nuovi contagi nel Regno Unito – è diventata dominante attorno alla metà di maggio – e che secondo le stime degli esperti lo diventerà nel resto dell'Europa e in altri Paesi entro l'estate. Perché questo ceppo del coronavirus risulta così preoccupante rispetto agli altri che si sono palesati a partire dalla fine del 2020? Ecco quali sono i suoi punti di "forza".

Maggiore trasmissibilità

Al momento latitano ancora studi pubblicati su riviste scientifiche che indichino con accuratezza l'effettiva trasmissibilità/contagiosità della variante Delta, ciò nonostante gli epidemiologi stanno facendo stime sulla base della diffusione della stessa. Un punto di riferimento per comprendere meglio l'impatto della variante Delta è proprio il Regno Unito, dove la popolazione è ampiamente vaccinata e dove essa attualmente rappresenta il 95 percento dei casi sequenziati, in base all'ultimo bollettino della Public Health England (PHE), datato il 25 giugno. Durante una recente audizione tenutasi al parlamento britannico l'ex Ministro della Salute Matt Hancock, dimessosi il 26 giugno per aver violato le norme anti Covid da lui stesso varate, ha dichiarato che la variante Delta è almeno il 40 percento più trasmissibile della variante Alfa, ex inglese B.1.1.7. Secondo gli esperti la trasmissibilità potrebbe essere fino al 60 percento superiore di quella del lignaggio che ha guidato la seconda ondata. Nel documento “Risk assessment for SARS-CoV-2 variant: Delta (VOC-21APR-02, B.1.617.2)” della PHE gli scienziati sottolineano che La trasmissibilità sembra maggiore del virus wild type (prima ondata)”, inoltre, che la variante Delta “continua a dimostrare un tasso di crescita sostanzialmente maggiore rispetto alla Alfa, su dati di più analisi”. I tassi di attacco secondario e gli studi sulla trasmissione domestica indicano una maggiore trasmissibilità, così come esperimenti in vitro mostrano un aumento della replicazione nei sistemi biologici che replicano le vie aree dell'essere umano
vie aeree. Alla luce di tutto questo, chiosa la PHE, “è molto probabile che la variante Delta sia più trasmissibile della Alfa”.

Gravità dell'infezione

Secondo lo studio dell'Università di Edimburgo (Scozia) “SARS-CoV-2 Delta VOC in Scotland: demographics, risk of hospital admission, and vaccine effectiveness” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica The Lancet i pazienti Covid colpiti dalla variante Delta hanno un rischio di finire in ospedale circa doppio di quelli colpiti dalla variante Alfa. Secondo l'epidemiologo Eric Feigl-Ding, membro della Federation of American Scientists (FAS) ed ex professore dell'Università di Harvard, il tasso di ospedalizzazione è 2,5 volte superiore rispetto a quello della variante Alfa e fino a quattro volte quello del ceppo originale di Wuhan. Come indicato, tuttavia, i dati sono ancora provvisori e al momento non ci sono risultati definitivi, come sottolineato dalla PHE. “Le prime indagini condotte in Inghilterra e Scozia suggeriscono che potrebbe esserci un aumento del rischio di ospedalizzazione rispetto ai casi di Alfa contemporanei”, spiega l'agenzia britannica, tuttavia “un gran numero di casi è ancora nel periodo di follow-up e c'è una comprensione limitata del decorso clinico della malattia”.

Rischio di reinfezione

La PHE sottolinea che test di laboratorio mostrano la capacità della variante Delta di eludere almeno in parte gli anticorpi indotti da una precedente infezione naturale. “L'attività di neutralizzazione di pseudovirus e virus vivi utilizzando i sieri di pazienti convalescenti della prima ondata e infettati dalla variante Alfa mostrano una riduzione della neutralizzazione”, tuttavia, al momento, i dati epidemiologici sono insufficienti per determinare se la variante Delta abbia un rischio di reinfezione effettivamente maggiore dell'Alfa.

Resistenza ai vaccini

Dati epidemiologici e test laboratorio evidenziano una riduzione nell'efficacia dei vaccini anti Covid contro la variante Delta, in particolar modo dopo una singola dose. In base ai dati comunicati dalla PHE, una singola dose del Vaxzevria di AstraZeneca o del Comirnaty di Pfizer ha un'efficacia soltanto del 33,5 percento contro l'infezione sintomatica indotta dalla variante Delta, mentre con la doppia dose la protezione sale rispettivamente al 59,8 e al 87,9 percento. L'efficacia resta elevata contro il ricovero in ospedale (e dunque contro la morte) con le due dosi di vaccino, pertanto gli scienziati raccomandano fortemente a tutti di sottoporsi alla vaccinazione e soprattutto di non saltare il richiamo, che risulta particolarmente prezioso contro la variante emersa in India. Servono ulteriori dati per valutare l'efficacia in base all'età. Va ricordato che l'efficacia dei vaccini non è al 100 percento; non a caso nel Regno Unito si stanno verificando anche alcuni decessi tra persone completamente immunizzate; tra le 42 vittime per variante Delta rilevate da un'indagine della PHE, 23 non erano vaccinate, 7 avevano ricevuto una sola dose di vaccino e 12 le avevano ricevute entrambe.

Variante Delta Plus

Dalla ex seconda variante indiana è emerso un ulteriore lignaggio che gli scienziati dell'INSACOG hanno chiamato B.1.617.2.1 o AY.1, definita anche variante Delta Plus. Rispetto alla Delta originale è caratterizzata dalla mutazione K417N sulla proteina S o Spike già osservata nelle varianti Beta (ex sudafricana) e Gamma (ex brasiliana) e che potrebbe ulteriormente peggiorarne la pericolosità. Dei 111.157 casi di variante Delta nel Regno Unito, 42 sono relativi a questo nuovo lignaggio, già identificato in almeno sei distretti di tre Stati dell'India (Kerala, Madhya Pradesh e Maharashtra).

Rischio generale

Secondo la PHE al momento è troppo presto per determinare se la mortalità per COVID-19 da variante Delta sia più elevata di quella dovuta ad altri lignaggi, tuttavia i dati suggeriscono una maggiore trasmissibilità, una riduzione nell'efficacia dei vaccini e un aumento dell'ospedalizzazione, che comunque viene ben contrastata dalla doppia dose di vaccino. Per comprendere meglio l'impatto della variante Delta, conclude la PHE, le indagini prioritarie sono analisi approfondite dei casi i ricovero, studi epidemiologici sulle reinfezione e caratterizzazione del tempo di generazione, della carica virale e del periodo di infettività.

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