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Prima nascita al mondo dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta: risultato storico

Il 15 dicembre 2017 all’ospedale universitario di San Paolo del Brasile è nata la prima bimba dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta. L’annuncio, a quasi un anno esatto dal lieto evento, è stato dato da medici e ricercatori che hanno dettagliato lo storico intervento sulla rivista The Lancet.
A cura di Andrea Centini
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Credit: christianabella

La prima gravidanza dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta ha avuto successo. A veder la luce dopo lo straordinario intervento è stata una bimba, nata in Brasile il 15 dicembre 2017 presso l'Hospital das Clínicas dell'Università di San Paolo. La piccola è in perfetta salute e prossima a festeggiare il suo primo compleanno. Si tratta di un risultato storico per la medicina, che apre le porte a nuove opportunità per tutte quelle donne che vorrebbero avere un figlio ma non possono a causa di varie condizioni cliniche.

Nel caso specifico, la mamma della bimba, una trentaduenne, è affetta dalla sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser, conosciuta anche come agenesia mülleriana. È una malformazione congenita – cioè presente sin dalla nascita – che determina l'assenza dell'utero e delle tube e altre problematiche all'apparato riproduttivo. Dal 2014 per chi soffre di questa condizione (e affini) è sorta una nuova speranza, grazie al lavoro di un team di ricerca svedese che è riuscito nel pionieristico intento di ottenere gravidanze di successo dopo il trapianto di utero da donatrice viva. A causa della scarsità di organi disponibili, tuttavia, non è possibile attuare la procedura su vasta scala. L'equipe brasiliana guidata dal dottor Dani Ejzenberg, ricercatore capo presso la Facoltà di Medicina dell'ateneo di San Paolo, con la nascita della bimba ha dimostrato che è possibile ottenere il medesimo risultato anche con utero trapiantato da donatrice deceduta. In questo caso si trattava di una 45enne, madre di 3 figli (avuti con parto naturale) e morta in seguito a un'emorragia cerebrale; aveva espresso il desiderio di donare i propri organi.

Il trapianto è stato eseguito nel settembre del 2016, e poiché tutto proseguiva senza complicazioni (ciclo mestruale regolare e assenza di segni di rigetto dell'utero), al settimo mese è stato impiantato un embrione conservato preventivamente. Alcuni mesi prima dell'intervento, infatti, i medici avevano estratto alcune uova dalle ovaie (funzionali) della donna e le avevano fecondate con il seme del compagno, dando vita a otto blastocisti. Una di esse è stata impiantata e ha permesso la nascita della bimba.

Quello della donna brasiliana non è stato l'unico tentativo di gravidanza da un utero trapiantato da donatrice deceduta, ma quelli eseguiti in passato erano tutti falliti. Del resto, anche dei 39 trapianti da donatrice viva solo 11 hanno portato a una nascita. Ejzenberg e colleghi suggeriscono che le tempistiche di impianto dell'embrione, il tempo in cui l'utero è rimasto privo di ossigeno dopo la morte della donatrice e gli effetti dei farmaci anti-rigetto possono tutti concorrere al successo o all'insuccesso della gravidanza. Dopo la nascita della piccola i medici hanno rimosso l'utero trapiantato evitando così alla donna di dover continuare ad assumere i medicinali per il suo mantenimento. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet.

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