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Covid 19

Prima introduciamo le misure anti contagio, migliore è la loro efficacia (anche contro le varianti)

Da quando è scoppiata la pandemia di COVID-19 diversi studi hanno dimostrato che prima vengono introdotte le misure anti contagio e migliori sono gli effetti sulle curve epidemiologiche di decessi e contagi, così come è migliore l’impatto sull’economia. La minaccia delle nuove varianti sta suggerendo di inasprire le restrizioni ancor prima della loro diffusione. Ma sarebbe davvero efficace un lockdown preventivo?
A cura di Andrea Centini
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Prevenire è meglio che curare. Il vecchio adagio, ripetuto come un mantra dai medici di tutto il mondo, è perfettamente applicabile anche in epidemiologia, e ciò, nell'ottica della pandemia di COVID-19 che stiamo vivendo, significa semplicemente questo: prima si applicano e inaspriscono le norme anti contagio, migliore sarà l'impatto sulle curve. In parole semplici, si avranno meno morti e meno ricoveri. A dimostrarlo numerosi studi condotti negli ultimi mesi, nei quali è stato evidenziato che una sola settimana di differenza nell'introduzione del lockdown può avere un effetto enorme sulla diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 (e sulle conseguenze che provoca). Nella ricerca “Epidemiological monitoring and control perspectives: application of a parsimonious modelling framework to the COVID-19 dynamics in France” condotta dal professor Mircea T. Sofonea dell'Università di Montpellier, ad esempio, è stato dimostrato che se la Francia avesse introdotto il primo lockdown il 10 marzo anziché il 17, il picco di posti occupati in terapia intensiva sarebbe stato inferiore ai 1.500, rispetto agli oltre 7mila registrati l'8 aprile. Se invece l'avesse applicato una settimana dopo, il 24 marzo, i posti letto occupati in terapia intensiva sarebbero stati oltre 32mila, un numero di gran lunga superiore alla capacità francese. Ciò, la scorsa primavera, avrebbe portato a oltre 53mila morti. Dati analoghi sono stati determinati per numerosi altri contesti; del resto, il virus, pur essendo influenzato dalle caratteristiche delle diverse realtà, tende sempre a diffondersi in modo esponenziale, con i drammatici effetti che ben conosciamo. Prevenire, dunque, come dicevamo è meglio che curare.

La diffusione delle nuove varianti del coronavirus SARS-CoV-2, alcune delle quali sicuramente più trasmissibili e probabilmente più letali, oltre che con la potenziale capacità di rendere meno efficace il vaccino, sta innescando dubbi negli epidemiologi di tutto il mondo. Inasprire adesso le misure anti contagio per evitare che inizino a diffondersi ovunque, introducendo ad esempio un nuovo lockdown, oppure continuare a mantenere un'elevata soglia di attenzione e agire nel caso in cui dovessero palesarsi segnali significativi? Secondo lo studio “Ranking the effectiveness of worldwide COVID-19 government interventions” condotto da scienziati dell'Università di Medicina di Vienna e pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature, si può ottenere un effetto simile al confinamento nazionale anche introducendo misure meno stringenti, un po' come le zone a colori introdotte in Italia e le chiusure mirate, ma è fondamentale che vengano applicate nel momento giusto, sempre nell'ottica della prevenzione di eventuali impennate della curva. “La giusta combinazione di misure più contenute prese al giusto ritmo può eguagliare l'efficacia del lockdown nazionale, contribuendo nel contempo a ridurre gli effetti negativi sulla società, sull'economia e sull'ambiente”, hanno affermato il professor Nils Haug e colleghi nello studio su Nature. Agire con anticipo, spiegano gli esperti, non salvaguarda solo la salute delle persone, ma anche le economie. “I Paesi che hanno agito prima durante la pandemia – agendo molto prima che venissero segnalati i primi decessi legati al COVID-19 – hanno subito minori perdite economiche associate al confinamento delle popolazioni, in parte perché le restrizioni erano meno severe”, hanno scritto gli esperti della Banca Mondiale nel rapporto “The Sooner, the Better : The Early Economic Impact of Non-Pharmaceutical Interventions during the COVID-19 Pandemic”.

Come dichiarato a Le Monde dal professor Pascal Crépey, specialista in Epidemiologia e Biostatistica presso la Scuola di Studi Avanzati in Sanità Pubblica di Rennes, se davvero la variante inglese B.1.1.7 (o Variant of Concern 202012/01 – VOC-202012/01) abbia davvero un tasso di contagio nettamente superiore rispetto al ceppo originale del virus, come evidenziato da alcuni studi, in varie regioni della Francia si registrerebbero più del 50 percento di contagi legati a questa variante nel giro di 35-50 giorni. Secondo l'esperto, con i tassi di crescita attuali, in Francia ci sarebbero due settimane di tempo per intervenire con nuove e più stringenti misure, prima che sia troppo tardi. “Prima viene presa una misura come il confinamento, più è efficace, questo è abbastanza chiaro. Prima viene messa in atto, meno tempo ci vuole per raggiungere l'obiettivo”, ha chiosato Crépey.

Il problema per chi deve prendere le decisioni risiede nel fatto che il lockdown preventivo sarebbe digerito malissimo dalla popolazione, anche perché senza una corretta comunicazione istituzionale non verrebbe percepito il pericolo che gli scienziati osservano nei loro modelli matematici. Non va inoltre dimenticato che dopo un anno di sofferenze un altro lockdown rappresenterebbe una ulteriore mazzata sulla salute fisica e mentale di moltissime persone; il rischio, spiega Crépey, è che in moltissimi potrebbero non aderire alle misure vanificando l'efficacia delle stesse. Ma far circolare liberamente il virus e in particolar modo le varianti mutate, come dimostra ciò che sta accadendo a Manaus, in Brasile, può avere effetti davvero catastrofici in termini di vite umane e di pressione sui sistemi sanitari, pertanto i decisori politici devono trovare un equilibrio fra tutti i fattori influenzati dalla pandemia. Al momento, tuttavia, come specificato a Fanpage dal viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri in questo momento in Italia un lockdown non serve – come ipotizzato da alcuni esperti – e che dunque potremo continuare a basarci sulle restrizioni modulari con le quali conviviamo ormai da diverse settimane. La speranza è che davvero non si renderà necessaria l'introduzione di una simile iniziativa, ma molto dipenderà dal nostro rispetto delle misure anti contagio già introdotte.

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