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Covid 19

Pregliasco: “Variante indiana da temere, la sua diffusione può far cambiare strategia vaccinale”

Il virologo a Fanpage.it parla della nuova variante che nel Regno Unito ha portato a rimodulare la campagna di vaccinazione: “È una situazione che dobbiamo monitorare anche in Italia, dove un incremento del numero di casi può portare a rivedere i tempi del richiamo. In questo, il tracciamento deve essere un elemento complementare ai vaccini”.
Intervista a Fabrizio Pregliasco
virologo del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano
A cura di Valeria Aiello
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Cresce il timore per la variante indiana del coronavirus. I dati del Regno Unito mostrano un continuo aumento dei nuovi casi di Covid-19 legati alla versione mutata B.1.617.2, soprattutto nel Nord-Ovest dell’Inghilterra e a Londra, che nell’ultima settimana si è tradotto in un aumento del numero dei ricoveri ospedalieri, saliti del 20% in tutto il Paese. Gli scienziati ritengono che ci sia una “realistica possibilità” che la variante indiana possa essere anche del 50 per cento più contagiosa di quella inglese (che lo era già del 40-60 per cento più del virus originario), il che potrebbe condurre a una nuova ondata, forse già in estate. Uno scenario che ha spinto le autorità britanniche ad accelerare la campagna di vaccinazione e rimodulare l’intervallo di tempo tra la prima e la seconda dose, ridotto da 12 a 8 settimane. È un segnale che la strategia di allungare i tempi per estendere la prima dose a un maggior numero di persone non si è tradotta in un successo? Ne abbiamo parlato con Fabrizio Pregliasco, virologo del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi del capoluogo lombardo.

È una situazione che mette in discussione la strategia vaccinale della prima dose a più persone adottata nel Regno Unito?

No, credo che sia un qualcosa che dovremo temere anche noi in relazione all’insorgenza di varianti con una maggiore diffusività, verso cui i vaccini hanno comunque un’efficacia, seppure con valori inferiori. È chiaro che, in questa situazione, il tracciamento è un elemento fondamentale, la cui implementazione anche in Italia deve essere complementare alla vaccinazione.

Allora perché le autorità britanniche hanno deciso di accorciare i tempi dei richiami?

Sicuramente aiuta a dare una risposta più intensa e più rapida alla diffusione della malattia. Serve, per capirci, a rinforzare la protezione.

Dovremo cambiare anche noi i tempi di richiamo?

Dobbiamo monitorare la situazione e, nel caso ci sia un incremento del numero di casi legati alle varianti, allora sì, anche noi dovremo rimodulare il nostro approccio. È una gestione continua, un po’ come in una guerra, in cui si modificano le strategie in funzione dell’andamento.

Il virologo Fabrizio Pregliasco
Il virologo Fabrizio Pregliasco

Qual è il rischio che queste varianti virali possano compromettere il ritorno alla normalità?

Purtroppo è un pericolo che ci sarà sempre, finché questo virus circolerà e continuerà a generare nuove varianti. Per questo dobbiamo affiancare alla vaccinazione le iniziative di sanità pubblica, in particolare il tracciamento, ora fattibile visto che in diverse regioni siamo scesi intorno ai 50 nuovi casi settimanali su 100mila abitanti. Non c’è altro da considerare.

Vuol dire che proteggersi in un solo Paese è una strategia che alla lunga non premia?

Sì, lo scenario che potrebbe prospettarsi è quello di un allungamento della convivenza con questo virus a valori più importanti. Diciamo che allunga i tempi di soluzione… insomma l’uscita dal tunnel potrebbe tornare più lontana.

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