Più zuccheri e meno intelligenza?
In che misura «siamo ciò che mangiamo»? Che la qualità (e la quantità) dei cibi di cui ci nutriamo possa avere conseguenze dirette sul nostro aspetto fisico, dalla pelle, alla linea, alla robustezza dei capelli, è cosa nota; altrettanto intuitivo è che un regime alimentare caratterizzato dagli eccessi (di qualunque tipo) può comportare numerosi rischi per la salute di ciascun individuo. Quello su cui, invece, indagano solo da tempo relativamente breve i ricercatori è la possibilità che ad un certo tipo di dieta ipercalorica possano corrispondere anche ripercussioni sulle capacità cognitive o, addirittura, sull'umore: osservazioni condotte in laboratorio, ad esempio, dimostrerebbero come il vecchio adagio dello zucchero che «fa bene al cervello» sarebbe, quanto meno, da riprendere in considerazione e valutare con attenzione.
Imputato di quest'ultimo processo sarebbe il fruttosio, presente nello sciroppo di glucosio che costituisce il dolcificante di molti prodotti industriali, dagli snack alle bibite: un recente esperimento, condotto da alcuni ricercatori della University of California di Los Angeles (UCLA) su modelli animali, avrebbe dimostrato come le bevande zuccherate possano avere effetti deleteri sulla memoria e sull'apprendimento. Il gruppo di studiosi guidato da Fernando Gomez-Pinilla ha osservato il comportamento di ratti da laboratorio in base alle differenti diete seguite per un periodo di tempo prolungato: innanzitutto, ai roditori è stata somministrata acqua con mangime normale per cinque giorni, mentre venivano addestrati a svolgere il proprio compito di uscire da un labirinto.
Dopo la fase preliminare, all'acqua è stata sostituita una bevanda contenente il 15% di fruttosio; inoltre, alla dieta di una metà dei topolini è stata aggiunta una quantità di acidi grassi omega 3, gli antiossidanti presenti nel pesce e nelle noci, di cui sono note le virtù ed i benefici sull'organismo. Gli studiosi hanno avuto modo di rilevare come la soluzione al fruttosio, consumata nell'arco di sei settimane, avesse portato al rallentamento nelle prestazioni degli animali: tuttavia, coloro i quali si erano nutriti anche di omega 3 risultavano essere leggermente più veloci. Danni alle capacità cognitive, dunque, emersi anche dall'analisi del cervello dei ratti utilizzati per l'esperimento: la bevanda zuccherosa, infatti, avrebbe alterato le proprietà plastiche delle sinapsi, ritenute le basi fondamentali nei fenomeni di memoria ed apprendimento, oltre ad aver creato notevoli problemi al processo di produzione dell'insulina. Solo una elevata quantità di antiossidanti è riuscita, in parte, a contrastare tale effetto da «sindrome metabolica» nel cervello.
Lo sciroppo di glucosio viene ricavato dai cereali (in particolare, il mais) e, in virtù dei suoi costi ridotti rispetto allo zucchero estratto dalla barbabietola e dalla canna (contenente anch'esso fruttosio), è preferito nella produzione industriale di dolciumi, cibi lavorati e bevande confezionate. Estremamente diffuso, viene quindi assunto quotidianamente in dosi elevate, molto spesso anche fin dalla più giovane età: i pericoli legati alla somministrazione sono dunque scatenati soprattutto dall'abuso che viene fatto di tale dolcificante. Allo stesso modo in cui alcuni ricercatori dell'Università di San Francisco lanciavano l'allarme pochi mesi fa sui rischi che un consumo eccessivo di zucchero può comportare (definito dagli studiosi addirittura «tossico»), il nuovo lavoro punta ancora una volta il riflettore su abitudini alimentari ormai consolidate che hanno portato all'incremento di numerose patologie nel mondo occidentale riconducibili a regimi alimentari squilibrati, complici le grandi distribuzioni e il "dio commercio" che ha modificato anche le consuetudini più soggettive e personali. Ecco come accade che si inizi a rivalutare l'ipotesi che il cervello possa mantenersi giovane con una dieta parca: del resto, lo suggerivano già più di duemila anni fa i filosofi dell'antichità che, a quanto pare, hanno ancora molto da insegnarci.