Pescato un meteorite dal fondo di un lago russo
Sono trascorsi otto mesi dalla "pioggia di meteoriti" che colpì la provincia di Chelyabinsk, nell'area orientale degli Urali, ferendo oltre un migliaio di persone, causando ingenti danni agli edifici e, soprattutto, lasciando stupefatta la popolazione mondiale e la comunità scientifica: un evento che, fortunatamente, non comportò le conseguenze ben più gravi che di fatto avrebbero potuto esserci ma che ha lasciato un segno indelebile nelle memorie di tutti per la sua straordinaria spettacolarità. Una spettacolarità che continua ancora oggi a distanza: proprio in questi giorni, infatti, sta avvenendo il recupero di quello che si pensa potrebbe essere il frammento più grosso rimasto da quel fragoroso impatto, sotto gli occhi della Russia intera che ha assistito alle operazioni attraverso una diretta televisiva.
La cautela è ancora d'obbligo, fino a quando le indagini sui materiali che costituiscono questo grande sasso da oltre 570 chili (in verità, presumibilmente raggiungeva i 600 chili ma alcuni pezzi si sono staccati durante il "ripescaggio") non ne accerteranno senza ombra di dubbio l'origine spaziale: ma l'entusiasmo è già piuttosto alto e la notizia, rimbalzata da un capo all'altro del mondo attraverso le agenzie di stampa, non ha ancora trovato il tempo per essere sottoposta ad un indispensabile vaglio precauzionale. Anche perché, se davvero la roccia recuperata ieri fosse quel che si pensa, si tratterebbe non soltanto del residuo più grosso rinvenuto relativamente agli eventi di febbraio, ma anche di uno dei più grandi in assoluto: insomma, sarebbe un pezzo da record.
Emerso dalle acque del lago Chebarkul, già individuato inizialmente come possibile meta di arrivo dei frammenti di meteorite piovuti in quella fredda mattina invernale, il masso di colore scuro è stato individuato dai sommozzatori russi a circa 13 metri di profondità: portato a riva, sopo esser stato avvolto in uno speciale involucro, è stato sottoposto ad una pesatura durante la quale, però, ha letteralmente rotto la bilancia; la stessa roccia si è spezzata in tre parti quando gli esperti che hanno preso parte alle operazioni hanno iniziato a tirarla e sollevarla attraverso sistemi di corde e carrucole. Ciononostante, quel che è rimasto è di dimensioni decisamente considerevoli e va ad aggiungersi ad una serie di pezzi già recuperati precedentemente dal lago russo dei quali, però, soltanto quattro o cinque sembrerebbero provenire "dal cielo"; in tutta la regione, inoltre, appassionati e scienziati stanno dando la caccia da ormai diversi mesi ai residui di quell'incredibile pioggia infuocata.
Il fenomeno fu di una potenza tale che gli esperti non esitarono a definire l'esplosione come superiore decine di volte a quella di Hiroshima: le stime lasciavano supporre che il peso dell'oggetto celeste si aggirasse intorno alle 10.000 tonnellate quando la deflagrazione, avvenuta nella bassa atmosfera, ha originato quelle scie luminose nei cieli, in molti casi riprese grazie a delle telecamere amatoriali. All'epoca gli scienziati spiegarono come eventi del genere siano rari ma assolutamente spiegabili: basti pensare che di qualcosa di molto simile è raccontato soltanto dalle cronache del 1908. Era il 30 giugno quando un boato luminoso squarciò i cieli, ancora una volta, della Russia, in particolare della Siberia: l'area dell'impatto si chiamava Tunguska, i luoghi fortunatamente erano del tutto disabitati, ma pare che una luce notturna si "accese" fino alla lontanissima Londra. Di quell'evento, purtroppo, si conosce molto poco e assai meno si conserva: ma forse, della pioggia di Chelyabinsk riusciremo a sapere qualcosa in più, magari ancor meglio qualora il grosso sasso del lago Chebarkul fosse davvero il più grosso pezzo del meteorite esploso nei nostri cieli qualche mese fa.