Pericolo tracina al mare: cosa fare in caso di puntura e come riconoscerla
Le tracine (famiglia Trachinidae) sono tra i pesci più temuti dai bagnanti, a causa delle dolorosissime punture che sono in grado di infliggere con le loro spine velenifere. Per questi animali, naturalmente, si tratta di un sistema di difesa per allontanare gli intrusi e i potenziali predatori, che sono molto pochi, proprio a causa dell'elevata tossicità del veleno. Normalmente si viene feriti sulla pianta del piede, poiché le tracine vivono nascoste nei fondali sabbiosi, ma è possibile essere colpiti anche in altre parti del corpo se durante un'immersione ci si avvicina troppo alla loro posizione. Questi pesci, infatti, tendono a uscire repentinamente da sotto la sabbia per attaccare le possibili minacce. Spesso i pescatori vengono feriti sulle mani, ad esempio quando lavorano con le reti per separare le prede. Ecco tutto quello che c'è da sapere sulle tracine – conosciute anche col nome di pesci ragno – e come comportarsi in caso di puntura.
Com'è fatta una tracina
Esistono in tutto nove specie di tracine, una appartenente al genere Echiichthys e le altre otto a quello Trachinus. Le dimensioni degli esemplari adulti vanno da 15 centimetri della tracina vipera (Echiichthys vipera) agli oltre 50 della tracina raggiata (Trachinus draco), che può arrivare a un peso di un paio di chilogrammi. Vivono nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo alcune coste atlantiche; una specie si trova anche nell'Oceano Pacifico. La specie che genera più apprensione nei bagnanti italiani è proprio la piccola tracina vipera, poiché adora cacciare e riposare in acque molto basse, a ridosso della riva. Generalmente le tracine si trovano entro 30 metri di profondità, ma alcune possono spingersi oltre i 100 metri. Hanno un colore tendente al giallo-marroncino con ventre e dettagli biancastri; in diverse specie – ma non nella tracina vipera – sono presenti disegni neri. Hanno un corpo compresso lateralmente e una testa grande, schiacciata, con bocca all'insù e occhi posti nella parte superiore. Questa anatomia consente alle tracine di restare insabbiate e di controllare cosa succede sopra di loro, così da poter attaccare all'improvviso le prede – piccoli pesci e invertebrati – o scacciare un intruso. Hanno una lunga pinna anale e una lunga pinna dorsale, quest'ultima preceduta dalla pinna velenifera. Anche l'opercolo branchiale è armato con una spina che può iniettare veleno.
La spina velenifera
Appena dietro alla testa e prima della pinna dorsale, in questi pesci è presente una pinna velenifera composta da 5-7 spine. È facilmente riconoscibile a causa del caratteristico colore nero. Un osservatore attento può notarla anche quando è tenuta abbassata (dall'alto si vede una linea scura sul dorso della tracina), dato che non sempre questi pesci insabbiano completamente il corpo. A riposo la spina velenifera è sempre abbassata, ma se ci si avvicina troppo viene fatta scattare e si apre come un ventaglio. La tracina la può mostrare per “dichiarare” di essere pericolosa, ma se la minaccia è troppo vicina può decidere di uscire e colpire l'intruso per iniettare il veleno. È successo a numerosi sub. Le tracine possono usare la spina velenifera anche per colpire le prede, rendendo più agevole la cattura.
Una puntura dolorosissima
Il veleno della tracina, composto da molecole proteiche come la dracotossina, è estremamente tossico, e il dolore è così forte che nei soggetti più sensibili può sfociare persino nel delirio e in una sincope. Il dolore, che è simile a quello provocato da un oggetto incandescente che penetra nella carne, dalla zona colpita può diramarsi velocemente lungo tutto l'arto interessato. Maggiore è la quantità di veleno iniettato e il numero di spine penetrate e peggiore è la sintomatologia. Tra i più sfortunati ci sono i bagnanti che mettono il piede con tutto il proprio peso sull'animale, venendo così investiti dalla completa apertura della spina velenifera. Il veleno è neurotossico, distrugge le cellule del sangue e può provocare necrosi del tessuto muscolare nella zona interessata dalla puntura, dove emerge gonfiore e arrossamento. Il picco del dolore viene raggiunto dopo una mezz'ora dallo spiacevole incontro, e può durare per un giorno o più. Il veleno non è comunque considerato “pericoloso” per l'uomo, anche se il dolore intenso può sfociare in nausea, vomito e qualche linea di febbre, soprattutto nei più piccoli.
Cosa fare dopo essere stati punti
Come indicato, la puntura di una tracina è estremamente dolorosa, e alcune persone possono avere anche difficoltà a riguadagnare la riva, senza contare che tra le sostanze iniettate alcune favoriscono anche crisi di panico. Tra i primi suggerimenti vi è la pulizia della ferita facendo pressione attorno alla zona colpita per far uscire il sangue ed eventuali residui delle spine. Poiché le molecole tossiche della tracina – e di molti altri pesci – sono termolabili, cioè si disgregano col calore, è opportuno immergere il prima possibile la parte colpita in acqua molto calda (ma senza ustionarsi) e tenercela per una mezz'ora. Va contattato un medico che disporrà una terapia antibiotica ad hoc e in determinate circostanze anche quella antitetanica. Benché esista un antiveleno contro la tossina della tracina, è stato sfruttato in pochissimi casi solo in ambito sperimentale.