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Pericolo infezioni in palestra: dall’herpes alla mrsa, cosa rischiano i bambini

I luoghi dove si pratica sport come piscine, palestre e campi sportivi sono ricchi di agenti patogeni che possono trasmettersi facilmente tra un atleta e l’altro: l’American Academy of Pediatrics ha stilato un rapporto con suggerimenti per ridurre il rischio di infezione tra i bambini.
A cura di Andrea Centini
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Come evitare le numerose infezioni che si rischiano in palestra, piscina e in tutti quegli ambienti in cui si praticano sport di gruppo, in particolar quando sono coinvolti i più piccoli, è il tema centrale di un nuovo rapporto clinico divulgato dalla American Academy of Pediatrics (AAP), che ha stilato una serie di utili consigli per genitori, allenatori e responsabili delle strutture. Gli studiosi responsabili del documento, coordinati dal professor H. Dele Davies, uno specialista di fama internazionale sulle malattie infettive infantili e docente presso il Medical Center dell'Università del Nebraska, hanno sottolineato che l'elenco degli agenti patogeni che si annidano in questi ambienti è lunghissimo e che un'elevata percentuale di atleti presenta sul corpo colonie “dormienti” di batteri, che possono essere facilmente trasmesse.

“Far parte di una squadra è divertente, stimolante e un modo salutare per i ragazzi per lavorare in gruppo – ha sottolineato l'autore principale dell'indagine -, tuttavia debbono imparare l'importanza di una buona igiene”. Il primo suggerimento del dottor Davies è rivolto agli istruttori, che sono i diretti responsabili delle attrezzature messe a disposizione di chi pratica sport: “debbono assicurarsi che siano pulite e disinfettate regolarmente”, ha sottolineato Davies. Ma non basta, secondo lo studioso gli allenatori dovrebbero controllare anche la presenza di eventuali lesioni sulla pelle dei più piccoli. Del resto sono le ‘porte d'accesso' che permettono la penetrazione degli agenti patogeni e di scatenare l'infezione.

Si stima che un atleta su quattro abbia sulla sua pelle colonie di stafilococco aureo resistenti alla meticillina (MRSA), e in moltissimi presentano invece varie tipologie di herpes: quello gladiatorum o ‘da tappetino' lo ha un lottatore su dieci, mentre i campi da rugby sono disseminati da virus dell'herpes rugbiorum. Ma tra piscine, campi sportivi e palestre sono in agguato anche i cosiddetti GABHS (gruppo A streptococco β-emolitico), gli MMR (parotite, morbillo e rosolia) e l'HSV, l'herpes simplex virus.

Secondo Davies è fondamentale che le comunità sportive abbiano un codice in tema di comportamenti chiave sull'igiene e che attuino tutti gli interventi preventivi noti per ridurre i rischi di contagio. Per i più piccoli un ruolo importante viene naturalmente giocato da scuola e soprattutto dai genitori: “Insegnate ai bambini a controllare con regolarità la pelle alla ricerca di tagli, escoriazioni o arrossamenti. Ponete l'accento sulle principali norme igieniche, come lavarsi spesso le mani, fare sempre la doccia dopo lo sport, indossare biancheria pulita e usare le ciabatte negli spogliatoi”, si legge nel rapporto pubblicato sulla rivista scientifica specializzata Pediatrics. Davies sottolinea inoltre l'importanza delle vaccinazioni, in particolar modo per i virus che si trasmettono per via aerea, ma anche del fare attenzione alla propria attrezzatura personale: si dovrebbe evitare la condivisione di bottigliette d'acqua, saponi, asciugamani, rasoi e tutti quegli strumenti a diretto contatto col corpo.

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