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Covid 19

Perché riceviamo il vaccino anti Covid nel braccio

Così come molti altri farmaci, anche il vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 viene inoculato con una iniezione intramuscolare, nello specifico nel deltoide del braccio. Le ragioni per cui viene iniettato qui e non altrove sono molteplici: a spiegarle la professoressa Libby Richards dell’autorevole università americana Purdue.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, lunedì 24 maggio, sulla base della “mappa delle vaccinazioni” di Our World in Data nel mondo sono state somministrate 1,65 miliardi di dosi di vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2, delle quali 30,5 milioni nel nostro Paese (con il 16,6 percento della popolazione italiana completamente immunizzata, cioè protetta dalle due dosi di AstraZeneca, Moderna o Pfizer o dalla singola del Johnson & Johnson). La speranza è che si riesca a raggiungere l'immunità di gregge entro l'estate e di tornare al più presto a una vita quanto più simile a quella precedente allo scoppio della pandemia di COVID-19. Per conquistare questo traguardo, in Italia ogni giorno centinaia di migliaia di persone si recano negli hub vaccinali per farsi somministrare la propria dose; tutti sono invitati a sedersi comodamente dopo l'anamnesi, a sollevare la manica e a ricevere l'iniezione nel muscolo del braccio. Ma perché il vaccino anti Covid – così come molti altri farmaci – viene inoculato proprio in quel punto e non altrove?

A spiegarlo nel dettaglio è la professoressa Libby Richards, docente di Infermieristica presso la prestigiosa Università Purdue di West Lafayette, nell'Indiana (Stati Uniti d'America). La scienziata, che ha lavorato a lungo nell'ambito della sanità pubblica, in un articolo pubblicato su “The Conversation” sottolinea che sebbene alcuni vaccini vengano somministrati oralmente (come quello contro il rotavirus) e altri per via sottocutanea (morbillo, rosolia e parotite), la maggior parte di questi farmaci si inocula tramite un'iniezione nel muscolo o intramuscolare. La ragione, spiega la professoressa Richards, risiede nel fatto che questo tessuto è particolarmente ricco di cellule immunitarie. Sono proprio queste cellule a riconoscere l'antigene introdotto col vaccino e a innescare i meccanismi biologici alla base della produzione di anticorpi (risposta umorale) e di cellule della memoria (risposta cellulare) che determinano l'immunizzazione. Com'è noto, i vaccini anti Covid non trasportano direttamente l'antigene, ma le istruzioni genetiche (sotto forma di RNA o DNA a seconda del tipo di vaccino) affinché siano proprio le nostre cellule a produrlo e a catalizzare la risposta immunitaria. Nel caso specifico si tratta della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, il “grimaldello biologico” che il patogeno sfrutta per invadere le cellule e avviare l'infezione.

“Le cellule immunitarie nel tessuto muscolare raccolgono questi antigeni e li presentano ai linfonodi. L'iniezione del vaccino nel tessuto muscolare mantiene il vaccino localizzato, consentendo alle cellule immunitarie di suonare l'allarme per altre cellule immunitarie e mettersi al lavoro”, ha spiegato la scienziata americana. “Una volta che un vaccino viene riconosciuto dalle cellule immunitarie nel muscolo, queste cellule trasportano l'antigene ai vasi linfatici, che a loro volta indirizzano le cellule immunitarie con l'antigene nei linfonodi. I linfonodi, componenti chiave del nostro sistema immunitario, contengono più cellule immunitarie in grado di riconoscere gli antigeni nei vaccini e avviano il processo immunitario di creazione di anticorpi”, ha aggiunto la professoressa Richards. Il motivo per cui il vaccino si fa nel muscolo del braccio (deltoide) e non in un altro, è dovuto al fatto che grandi concentrazioni di linfonodi sono prossime, ad esempio a livello delle ascelle. Somministrando un vaccino nella coscia, i vasi linfatici devono raggiungere i linfonodi nell'inguine, pertanto si tratta di un percorso più lungo.

Tra le altre ragioni che rendono il muscolo del braccio particolarmente adatto vi è anche il fatto che aiuta a “mantenere localizzate” le reazioni all'inoculazione, come il dolore e il gonfiore nel sito dell'iniezione, tra gli effetti collaterali più comuni di qualunque vaccino. I farmaci che contengono adiuvanti, ovvero composti che aiutano a catalizzare la risposta immunitaria, vengono iniettati nei muscoli per evitare che “irritazioni e infiammazioni diffuse”, afferma la professoressa Richards. È più facile che queste reazioni si verifichino iniettando il vaccino nel tessuto adiposo, che è meno vascolarizzato e dunque tende a ridurre l'assorbimento del principio attivo. I bambini al di sotto dei tre anni ricevono i vaccini nel muscolo della coscia perché i deltoidi sono ancora troppo poco sviluppati.

La scienziata ha spiegato infine che inoculare il vaccino nelle braccia durante una epidemia o un pandemia di una malattia infettiva ha anche una ragione di convenienza e comodità; se tutti ci dovessimo spogliare in un hub vaccinale per ricevere la dose, le procedure sarebbero inevitabilmente più lunghe e macchinose. Il facile e rapido accesso al braccio, in parole semplici, ha anche il vantaggio di velocizzare e snellire le operazioni della campagna vaccinale.

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