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Perché questa estate il tuo raffreddore è peggiore del solito

I raffreddori estivi sono malanni piuttosto comuni, ma quest’anno risultano essere più diffusi del solito e in molti casi si manifestano con sintomi più prolungati e intensi. Gli esperti di malattie infettive sottolineano che la colpa di questo peggioramento è della pandemia di COVID-19 e delle conseguenti restrizioni. Ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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Nonostante il caldo, in questo periodo dell'anno molte persone stanno sperimentando congestione nasale e toracica, starnuti, naso che cola (rinorrea), tosse, mal di testa e altri sintomi tipici del raffreddore e delle sindromi parainfluenzali. Sebbene si possa subito pensare al contagio da coronavirus SARS-CoV-2, a maggior ragione se si considera che tra i sintomi più comuni della variante Delta secondo uno studio britannico figurano proprio cefalea, naso che cola e mal di gola, in realtà ci sono buone probabilità di essere stati contagiati da un comune virus del raffreddore (come un rinovirus), dal virus respiratorio sinciziale (R.S.V.) o da uno dei tanti patogeni respiratori parainfluenzali. In diversi casi i sintomi sperimentati stanno risultando più intensi di quelli sviluppati in passato per le medesime infezioni, nella stragrande maggioranza dei casi considerate banali e senza rischi, se non per determinate categorie di pazienti. “Ho avuto un forte raffreddore, ma non ho mai sperimentato un virus come questo”, ha dichiarato al New York Times la cinquantacinquenne Holly Riddel, che da circa un paio di settimane soffre di congestione, orecchie tappate e voce roca. “Voglio che questo sparisca, non sono riuscita nemmeno ad allenarmi. Semplicemente non mi sento me stessa”, ha dichiarato la donna. Che cosa sta succedendo?

Sebbene il coronavirus SARS-CoV-2 non c'entri direttamente, la pandemia di COVID-19 e le restrizioni che l'hanno accompagnata stanno comunque giocando un ruolo fondamentale in tutto questo. Il distanziamento sociale, lo smart working, i lockdown, l'uso continuato delle mascherine e tutte le altre misure anti Covid non solo hanno ridotto il tasso di trasmissione del SARS-CoV-2, ma anche di tutti gli altri patogeni respiratori con cui conviviamo normalmente. Si ritiene che questa situazione abbia addirittura fatto estinguere due ceppi del virus dell'influenza, un clade del lignaggio H3N2 (virus dell’influenza A) e la linea B/Yamagata (virus dell’influenza B). Del resto, non ammassarsi nelle metropolitane, negli uffici, nelle scuole e negli altri locali pubblici, in combinazione con l'uso dei dispositivi di protezione individuale e del frequente lavaggio delle mani, ha ridotto in modo significativo qualunque tipo di contagio. Ma ciò ha un prezzo da pagare, secondo gli esperti di malattie infettive. Il nostro sistema immunitario è infatti tenuto in “allenamento” dalla costante esposizione a questi virus respiratori, con cui entriamo in contatto incontrando le altre persone. In pratica, le restrizioni hanno eliminato il “tagliando” e il collaudo della nostra risposta immunitaria verso questi patogeni; ora che c'è maggiore libertà di movimento, sempre nel rispetto delle regole, se esposti ai suddetti patogeni possiamo rispondere in modo un po' più lento del normale rischiando di prendere più facilmente un raffreddore o una sindrome parainfluenzale, che potrebbero presentarsi anche un po' più intensi del solito.

“L'esposizione frequente a vari agenti patogeni innesca o ravviva il sistema immunitario per essere pronto a rispondere a quel patogeno”, ha dichiarato al New York Times il dottor Paul Skolnik, immunologo e virologo presso la Scuola di Medicina "Carilion" del Virginia Tech. “Se non hai avuto quelle esposizioni, il tuo sistema immunitario potrebbe essere un po' più lento a rispondere o non rispondere in modo completo, portando a una maggiore suscettibilità ad alcune infezioni respiratorie e talvolta a sintomi più lunghi o più protratti”, ha aggiunto l'esperto. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) americani sottolineano che in questa estate c'è un incremento significativo di infezioni da comuni virus respiratori; tra quelli che preoccupano di più c'è il virus respiratorio sinciziale (R.S.V.), che può scatenare sintomi severi negli anziani e nei bambini più piccoli, alcuni dei quali sono stati ricoverati in ospedale. A essere più colpiti dai virus respiratori sono proprio i neonati e i bambini piccoli; durante il periodo delle restrizioni più severe sono stati tutti protetti dai contagi, ma con le riaperture e le nuove nascite si è allargata in un colpo solo la platea "aggredibile".

Secondo la dottoressa Satya Dandekar, infettivologa e immunologa, a catalizzare il rischio di queste infezioni respiratorie possono esserci anche fattori come stress, disturbi del sonno, abuso di alcol e altre condizioni e cattive abitudini che si sono diffuse proprio a causa della pandemia, in particolar modo durante i lockdown. “Quando una persona viene esposta a un agente patogeno, deve esserci una rapida accelerazione della risposta del sistema immunitario e delle cellule immunitarie. Con lo stress e altri fattori, l'esercito di cellule immunitarie è un po' ostacolato e rallenta e potrebbe non essere in grado di reagire abbastanza velocemente per attaccare, dando abbastanza tempo all'agente patogeno per avere la meglio sull'ospite”, ha dichiarato al New York Times la dottoressa Dandekar, docente presso l'Università della California di Davis. Poiché i sintomi delle infezioni scatenate da questi virus respiratori sono simili, compresi quelli di base provocati dal coronavirus SARS-CoV-2, in molti temeranno di aver contratto la COVID-19 e si sottoporranno ai tamponi. Gli esperti raccomandano a tutti la vaccinazione anti Covid, non solo perché salva la vita a se stessi e agli altri, ma perché può aiutare anche nella diagnosi differenziale.

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