Perché le scuole professionali aumentano il rischio della diffusione del coronavirus
Con il ritorno delle zone gialle, a partire dal 26 aprile, in Italia ci sarà anche la riapertura delle scuole per tutti gli studenti, una misura che, come evidenziato da diversi esperti, può rappresentare un rischio per la curva dei contagi. In un'intervista con fanpage il virologo Fabrizio Pregliasco aveva affermato che il problema non è tanto rappresentato da ciò che si verifica all'interno delle aule – molti studi hanno del resto dimostrato che le classi sono luoghi “sicuri”, rispettando le restrizioni – ma dal grande numero di spostamenti (e conseguenti contatti sociali) che si innescano con la completa riapertura degli istituti scolastici. Facendo un discorso più ampio sul ritorno alle zone gialle, il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta ha dichiarato che le riaperture contribuiranno a una inevitabile crescita dei contagi a partire dalla metà di maggio; fino ad allora si registrerà invece un calo legato agli effetti delle stringenti misure ancora oggi in vigore. La speranza di istituzioni e sanitari è che il “rischio calcolato” preannunciato da Draghi sia effettivamente tale e, complici l'accelerazione della campagna vaccinale e la bella stagione, si possano davvero contenere i nuovi casi. Ma le scuole non sono naturalmente tutte e uguali e gli istituti professionali rappresentano un rischio sensibilmente maggiore rispetto agli altri. Per molteplici ragioni. A sottolinearlo in un'intervista al quotidiano tedesco Spiegel il dottor Joachim Maiß, presidente dell'Associazione federale degli insegnanti per l'istruzione e la formazione professionale (BvLB) di Berlino.
Il dirigente, che è anche preside presso la Scuola Professionale – Multi Media BbS di Hannover, ha definito gli istituti professionali “un'infrastruttura ideale” per favorire la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 all'interno delle comunità. “Tutti i tipi di scuola hanno in comune il contatto tra gli alunni e gli insegnanti, ciascuno dei quali ha famiglia e amici. Ma nel caso delle scuole professionali, ci sono anche aziende in cui i nostri studenti lavorano per la maggior parte della settimana. L'effetto di distribuzione è dunque molto maggiore in presenza di focolai di coronavirus”, ha spiegato il dottor Maiß. In pratica, possono rappresentare un vero e proprio hub che mette in comunicazione industrie più o meno grandi, attività commerciali, supermercati, altre tipologie di scuole e anche case di cura, studi medici e ospedali. Basti pensare alle scuole professionali per infermieri.
Un altro problema significativo degli istituti professionali è la provenienza delle persone. Le normali scuole fanno riferimento a specifici distretti, pertanto l'emersione di un focolaio molto spesso è “figlio” dei contagi avvenuti in una determinata area. Ma chi frequenta le scuole professionali, per le quali le lezioni possono essere concentrate in pochi giorni per permettere agli alunni di lavorare, può arrivare anche da molto lontano a causa della centralizzazione degli istituti. Come specificato da Maiß, in Germania la formazione professionale ha un enorme bacino di utenza soprattutto nei grandi stati come la Baviera, il Nord Reno-Westfalia e la Bassa Sassonia. “Gestisco una scuola professionale ad Hannover, 2.500 studenti provenienti dal settore informatico, dei media e tecnologico. Vengono da noi da tutta la Bassa Sassonia. Tornano alle loro aziende e lì possono potenzialmente diffondere il virus”, ha spiegato l'esperto allo Spiegel. Il dirigente sottolinea che per molte professioni è fortunatamente possibile perseguire la didattica a distanza, ma nelle scuole per infermieri e negli istituti dove si formano le maestre d'asilo o i nuovi artigiani, ad esempio, ciò non è praticabile.
Maiß, come Pregliasco, punta inoltre il dito contro gli spostamenti necessari per raggiungere le scuole. Spesso gli studenti di alcuni distretti che vivono lontano si organizzano con il car pooling (la condivisione dell'auto) e arrivano in piccoli gruppi. Un ulteriore rischio nella diffusione del coronavirus. Le scuole professionali non sono inoltre contemplate nel dibattito politico per le loro peculiarità, ma vengono equiparate ad altri istituti scolastici, sottovalutando così il rischio che possono rappresentare. Il fatto che gli studenti vivano a notevole distanza da questi istituti può anche porre problemi nel tracciamento dei contatti e su eventuali misure di contenimento (come la suddivisione in zone in Italia) per una determinata area, oltre che influenzare l'uniformità dei dati. Secondo Maiß laddove possibile è fondamentale trovare un equilibrio tra lezioni in presenza e didattica a distanza fin quando la pandemia di COVID-19 continuerà a mordere (in Germania i casi sono in drammatico aumento), inoltre andrebbero pianificati test a tappeto ciclici per tutti gli alunni, gli insegnanti e tutti gli altri lavoratori che operano nelle scuole professionali.