Perché l’aumento delle bollette di luce e gas non è colpa delle energie rinnovabili
Com'è ampiamente noto a tutti, da questo mese le bollette di gas e luce subiranno un significativo aumento, rispettivamente del 15 percento e del 30 percento. Questi aumenti sarebbero stati decisamente peggiori, ovvero del 45 percento per l'energia elettrica e del 30 percento per il gas, se il governo italiano non fosse intervenuto con un decreto ad hoc per tagliare i cosiddetti “oneri di sistema”, costi fissi legati a tasse e altre misure che sono stati eliminati proprio per venire incontro a famiglie e imprese. Purtroppo, tuttavia, il taglio non sarà sufficiente a mitigare del tutto l'aumento dei costi, che per molti sarà comunque una stangata non facilmente sostenibile. Ma perché c'è stato questo incredibile rialzo delle bollette?
Le ragioni sono molteplici, ma una cosa è certa: non c'entrano le energie rinnovabili. Esse, infatti, in Italia coprono appena il 20 percento dei consumi energetici complessivi dei diversi settori, dall'elettrico ai trasporti. Pur avendo centrato e superato gli obiettivi fissati dall'Unione Europea, che per il nostro Paese prevedevano il 17 percento della copertura entro il 2020, le rinnovabili in Italia rappresentano ancora una piccola parte del fabbisogno complessivo. Siamo ben lungi dal Costa Rica, il Paese più virtuoso al mondo, che riesce a soddisfare il 99 percento del proprio fabbisogno energetico annuale proprio attraverso le fonti rinnovabili (75 percento idroelettrica; 13 percento geotermica; 11 percento eolica e altre). L'aumento così significativo delle bollette è invece ancorato proprio al nostro stretto legame ai combustibili fossili e all'estrazione di gas naturale, la cui domanda è schizzata alle stelle negli ultimi mesi e con essa, di conseguenza, anche i costi.
La prevista impennata dei prezzi è stata calcolata dall’ARERA, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, che ogni trimestre analizza il mercato e provvede a conteggiare l'impatto sulle bollette. I nuovi rincari, infatti, non riguardano solo l'Italia, ma tutta l'Europa e altri Paesi; sono infatti figli dei cambiamenti in atto nel mercato internazionale e delle decisioni di alcune nazioni, dalle quali dipendiamo soprattutto per il gas naturale. Il clima impazzito dei mesi scorsi ha incrementato in modo significativo la domanda, a causa della necessità di tenere i riscaldamenti e i condizionatori accesi per un periodo più lungo del normale. Se a questo si associa la ripresa delle attività dopo i mesi di chiusura a causa della pandemia di COVID-19, la domanda ha fatto salire il prezzo del gas naturale di un +30 percento (al contempo il petrolio è aumentato del 200 percento). Poiché il gas è la principale fonte per produrre energia elettrica, va da sé che l'impatto influenza entrambe le bollette.
Ma non è stata solo la domanda a far salire alle stelle i prezzi. Come sottolineato da Energia Sociale in una lettera inviata ai propri clienti, sull'aumento pesano in modo significativo l'esaurimento di un importante giacimento di gas nei Paesi Bassi e la decisione della Russia di dirottare una parte significativa del gas prodotto dall'Europa verso i Paesi asiatici. Si è ridotto anche il volume di gas messo a disposizione dalla Norvegia ed è aumentata in modo significativo la richiesta della Cina, in costante espansione economica. C'è anche un altro fattore a influire in modo importante sui prezzi: la domanda crescente e il conseguente aumento di produzione e consumi ha portato a più emissioni di anidride carbonica (CO2). Poiché l'Unione Europea sta disincentivando l'inquinamento da gas serra – che catalizzano i cambiamenti climatici – tassando le aziende che lo producono col cosiddetto ETS (Emission trading scheme), questi prezzi si sono riflessi anche sulle bollette. La UE impone un tetto alle aziende per poter inquinare, superato il quale permette loro di comprare altre quote da aziende "green"; è un meccanismo virtuoso per limitare l'impatto sull'ambiente, ma che si riflette inevitabilmente sui prezzi se aumenta la produzione. Come dichiarato dal vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans durante una recente plenaria, tuttavia, l'ETS influisce solo per un 20 percento, mentre il restante 80 percento è legato alle fluttuazioni del mercato del gas.