Perché l’antimalarico idrossiclorochina potrebbe aiutare contro il coronavirus
Tra i trattamenti sperimentali e “compassionevoli” contro la COVID-19, l'infezione scatenata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), quelli a base di idrossiclorochina sembra stiano dando risultati piuttosto promettenti. Nonostante lo scetticismo di alcuni ricercatori e il fatto che si tratti di impressioni preliminari, che andranno ovviamente suffragate da studi clinici molto più approfonditi, persino il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in un “cinguettio” su Twitter si è sbilanciato sull'efficacia di questo composto, in associazione con l'antibatterico azitromicina. Trump ha affermato che vi sono reali possibilità che possa trattarsi di un “game changer” nella storia della medicina, e dunque nella lotta al coronavirus, sempre più diffuso anche negli USA (nel momento in cui stiamo scrivendo nel Paese si registrano circa 50mila contagi e centinaia di morti).
Ma cos'è esattamente l'idrossiclorochina? Come suggerisce il nome, si tratta di un derivato della ben più famosa clorochina, un vecchio farmaco utilizzato per il contrasto e la prevenzione della malaria. Con l'introduzione di un gruppo idrossilico (reazione eseguita per la prima volta nel 1946) la clorochina è stata trasformata in idrossiclorochina, che presenta un profilo meno tossico del composto originale e una maggiore possibilità di applicazione medica. Venduta con il nome commerciale di Plaquenil dal colosso farmaceutico francese SANOFI, oltre che come antimalarico l'idrossiclorochina risulta efficace nel contrasto all'artrite reumatoide – come un altro farmaco in prima linea contro la COVID-19, il Tocilizumab – , al lupus eritematoso sistemico e la porfiria cutanea.
Studi preliminari suggeriscono che l'idrossiclorochina possa essere efficace anche contro il coronavirus SARS-CoV-2, tanto da spingere le autorità sanitarie cinesi a renderla un trattamento “raccomandato” per la lotta alla COVID-19. Anche altri Paesi la stanno sperimentando; in Francia, ad esempio, il professor Didier Raoult dell'istituto IHU Méditerranée infection di Marsiglia l'ha somministrata ad alcuni pazienti osservando dei benefici (ma i risultati sono molto dibattuti in patria). In uno studio guidato dal professor Manli Wang presso lo State Key Laboratory of Virology dell'Istituto di Virologia di Wuhan è stato dimostrato che l'idrossiclorochina è in grado di inibire l'infezione del coronavirus in vitro. I risultati sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature. “Un piccolo studio ha riportato che l'idrossiclorochina da sola o in combinazione con l'azitromicina ha ridotto la rilevazione dell'RNA SARS-CoV-2 nei campioni delle vie respiratorie superiori rispetto a un gruppo di controllo non randomizzato, ma non ha valutato il beneficio clinico”, specificano i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) americani in un articolo dedicato ai farmaci promettenti contro il coronavirus. “L'idrossiclorochina è attualmente allo studio in studi clinici per la profilassi pre-esposizione o post-esposizione dell'infezione da SARS-CoV-2 e nel trattamento di pazienti con COVID-19 lieve, moderata e grave. Negli Stati Uniti sono in programma numerosi studi clinici sull'idrossiclorochina per la profilassi o il trattamento dell'infezione da SARS-CoV-2 o arriveranno presto”, hanno aggiunto gli scienziati dei CDC.
Poiché si tratta ancora di trattamenti sperimentali e compassionevoli, come sta avvenendo con i vari remdesivir, lopinavir, ritonavir, e altri farmaci in prima linea contro il coronavirus, non esistono ancora dosaggi raccomandati. Gli scienziati stanno sperimentando varie combinazioni, ad esempio 400mg per 6 giorni, oppure 600mg subito seguiti da dosi giornaliere da 200mg. Al momento, in base a quanto sottolineato dai CDC, l'idrossiclorochina sembra ben tollerata dai pazienti con COVID-19, ma l'uso prolungato potrebbe comportare degli effetti collaterali da non trascurare.