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Covid 19

Perché il vaccino anti COVID sarà sconsigliato sotto i 16 anni e alle donne incinte nel Regno Unito

A partire dalla prossima settimana nel Regno Unito partirà la campagna vaccinale contro il coronavirus SARS-CoV-2, una pietra miliare nella lotta alla pandemia di COVID-19. Il protocollo prevede che le prime dosi saranno assegnate alle categorie di rischio, ma per le donne incinte e bambini/adolescenti sotto i 16 anni la preparazione di Pfizer-BioNTech al momento resta sconsigliata. Ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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Con una “mossa” non troppo apprezzata dai rappresentanti dell'Unione Europea per via dei "tempi accelerati", il governo britannico – e più nello specifico l'agenzia che si occupa di regolamentare i farmaci nel Regno Unito, la MHRAha approvato per l'uso d'emergenza il vaccino anti COVID “BNT162b2”, sviluppato in collaborazione tra il colosso farmaceutico americano Pfizer e la società di biotecnologie tedesca BioNTech (a questo link tutto quello che c'è da sapere sulla preparazione). Si tratta del primo vaccino in assoluto approvato in Occidente per combattere l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2, ed è anche il primo mai registrato basato sulla tecnologia dell'RNA messaggero (mRNA). L'arrivo di questo farmaco è considerato una svolta storica nella lotta alla pandemia di COVID-19, e le prime iniezioni in Gran Bretagna partiranno già a partire dalla prossima settimana. Per gli altri Paesi europei come l'Italia si dovrà attendere di più, perché come specificato dall'EMA, l'Agenzia Europea per i Medicinali (Ema), le procedure di approvazione sono più "appropriate", ovvero più rigorose in termini di verifica dei dati degli studi e di conseguenza più lunghe. Nonostante l'imminente avvio della campagna vaccinale, il BNT162b2 non sarà comunque per tutti i cittadini di sua Maestà: al di là delle priorità per le fasce di popolazione più a rischio, la vaccinazione infatti non è raccomandata sia nei bambini/adolescenti sotto i 16 anni sia per le donne in gravidanza (come previsto dal virologo Roberto Burioni). Per quali ragioni?

A spiegarlo in un documento pubblicato sul sito del governo britannico è il The Joint Committee on Vaccination and Immunisation (JCVI), il Comitato congiunto per la vaccinazione e l'immunizzazione. La ragione è più semplice di quel che si possa immaginare: “Non ci sono ancora dati sulla sicurezza dei vaccini per la COVID-19 durante la gravidanza – spiega l'agenzia -, né da studi sull'uomo né sugli animali. Data la mancanza di test, JCVI favorisce un approccio precauzionale e attualmente non consiglia la vaccinazione contro la COVID-19 in gravidanza”. Dunque, nonostante le decine di migliaia di partecipanti alla sperimentazione di Fase 3 del BNT162b2, principalmente persone dai 18 ai 55 anni in salute, non sono disponibili dati sulla sicurezza del vaccino per le donne incinte, pertanto gli esperti raccomandano – giustamente – cautela. Dai risultati clinici è comunque emerso che il vaccino di Pfizer-BioNTech è sicuro ed efficace, tenendo presente che sono stati rilevati solo effetti collaterali da lievi a moderati, simili a quelli innescati da altri vaccini (affaticamento, febbre, dolore al sito dell'iniezione e così via. Ciò nonostante, come specificato da alcuni esperti su Science, a causa delle nanoparticelle che trasportano l'RNA messaggero questi effetti possano risultare più "intensi" rispetto a quelli di un comune vaccino antinfluenzale, ma senza mettere a repentaglio la vita del vaccinato. Va comunque tenuto presente che le donne incinte sono una categoria delicata, pertanto è doveroso fare tutti i controlli specifici del caso. La speranza è che i risultati arrivino a breve, dato che rispetto alle donne fertili ma non incinte, quelle in gravidanza hanno un rischio superiore di finire in terapia intensiva, aver bisogno di ventilazione meccanica e di morire per l'infezione (in termini assoluti il rischio è basso, ma se confrontato con quello delle donne non incinte diventa significativo, come emerso da uno studio condotto dai CDC).

Per quanto concerne i bambini e gli adolescenti, il The Joint Committee on Vaccination and Immunisation fa un discorso analogo a quello per le donne in gravidanza, ma non identico. Per i ragazzini e i bambini (tranne quelli più piccoli) alcuni dati ci sono, ma restano limitati e dunque anche in questo caso gli esperti consigliano di muoversi con cautela. A maggior ragione se si considera che nella stragrande maggioranza dei casi, giovani e giovanissimi – se contagiati – sperimentano un'infezione asintomatica o paucisintomatica. “Dopo l'infezione, quasi tutti i bambini avranno un'infezione asintomatica o una malattia lieve. Al momento sono disponibili dati molto limitati sulla vaccinazione negli adolescenti, e mancano i dati sulla vaccinazione per i bambini più piccoli”, scrive il JCVI. Alla luce di questa premessa, il comitato britannico consiglia di “offrire la vaccinazione solo a quei bambini ad alto rischio di esposizione e che rischiano la forma grave dell'infezione, come i bambini più grandi con gravi neuro-disabilità che richiedono cure domiciliari”. Inoltre, aggiunge l'ente presieduto dal Professor Andrew Pollard dell'Università di Oxford (coinvolto in prima persona nel vaccino che sarà distribuito da AstraZeneca), “i medici dovrebbero discutere i rischi e i benefici della vaccinazione con una persona con responsabilità genitoriale, che dovrebbe essere informata sulla scarsità di dati relativi alla sicurezza del vaccino nei bambini di età inferiore a 16 anni”. Come indicato, la campagna vaccinale nel Regno Unito sta per partire, ma per coprire l'intera popolazione ci vorrà del tempo, sia per il numero di dosi a disposizione che per i dati ancora non completi.

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