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Covid 19

Perché gli anticorpi monoclonali costano tanto e per quali pazienti COVID si usano

Tra i farmaci più promettenti nella lotta al coronavirus SARS-CoV-2 figurano gli anticorpi monoclonali, immunoglobuline semi-sintetiche prodotte in laboratorio derivate dai veri anticorpi estratti dal plasma dei pazienti convalescenti/guariti. A causa dei complessi processi di produzione e purificazione (ma non solo), si tratta di farmaci molto costosi, che in Italia saranno offerti gratuitamente a chi ne avrà bisogno.
A cura di Andrea Centini
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L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato l'uso degli anticorpi monoclonali nel trattamento dei pazienti con COVID-19, una decisione attesa da molti medici e scienziati. Alcuni studi clinici di Fase 3 hanno infatti già dimostrato che questi farmaci sono in grado di abbattere in modo significativo (più del 70 percento) i tassi di ricovero e morte nei pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2, quando vengono somministrati precocemente. Si tratta dunque di un'arma preziosissima per coloro che sono a rischio complicazioni, come chi presenta comorbilità (patologie pregresse), soffre di obesità o è in età avanzata, così come per gli immunodepressi e per chi non può essere vaccinato per altre ragioni, ovvero tutte le fasce della popolazione per le quali sono pensati. In una fase in cui la campagna vaccinale stenta a decollare a causa della carenza di dosi, la diffusione di questi farmaci offrirà dunque notevoli benefici nel contrasto agli effetti della pandemia, benché si debba ancora indagare ulteriormente sulla loro efficacia. È stato già creato un fondo ad hoc per rendere gratuito l'accesso a questi farmaci per tutti i cittadini italiani che ne avranno bisogno, un'operazione necessaria, considerando che risultano particolarmente costosi, molto più dei vaccini. Ma perché gli anticorpi monoclonali costano così tanto?

Innanzitutto sottolineiamo che non è stato ancora diffuso un tariffario degli anticorpi monoclonali attualmente approvati per il trattamento della COVID-19. Si tratta della combinazione di bamlanivimab (LY-CoV555) ed Etesevimab (o LY-CoV016) sviluppata dal colosso farmaceutico americano Eli Lilly e del cocktail REGN-COV2 (casirivimab più imdevimab), messo a punto dalla casa biofarmaceutica Regeneron. Quest'ultima preparazione è balzata agli onori della cronaca poiché è stata quella somministrata all'ex presidente americano Donald Trump dopo essere stato contagiato dal SARS-CoV-2. Il prezzo, come indicato da alcuni esperti, oscillerebbe tra i 1.500 e i 2.000 Euro a dose. A dimostrarlo anche l'acquisto di duecentomila dosi di REGN-COV2 da parte della Germania, pagate 400 milioni di Euro. Considerando che il costo di un vaccino è al massimo di poche decine di Euro, come per quello di Pfizer-BioNTech, siamo innanzi a un prodotto decisamente più dispendioso.

Gli anticorpi monoclonali sono immunoglobuline semi-sintetiche, create in laboratorio a partire dai veri anticorpi ottenuti dal plasma dei pazienti convalescenti/guariti dalla COVID-19. Si chiamano monoclonali poiché ottenuti da una singola linea di cellule/linfociti B (esistono anche gli anticorpi policlonali). Le procedure per svilupparli sono piuttosto sofisticate, fra le quali la principale è quella dei cosiddetti ibridomi, ottenuti fondendo i linfociti B con cellule mielomatose. Le nuove tecnologie di produzione, come la Phage display, si basano invece sull'amplificazione delle catene dei geni e uso della ricombinazione. I passaggi per la filtrazione, la separazione e la purificazione del prodotto finito sono anch'essi complessi, e i migliori, come quelli che coinvolgono la proteina A / G, sono molto costosi. Basti pensare che nello studio “Pricing of monoclonal antibody therapies: higher if used for cancer?” pubblicato sulla rivista The American Journal of the managed care è stato determinato che un terapia anticancro basata su anticorpi monoclonali (della durata di un anno) viene a costare anche 100mila dollari. Fortunatamente i costi per i trattamenti anti COVID sono sensibilmente inferiori, seppur importanti. Ma questi costi possono essere anche inferiori, come specificato ad AdnKronos dal professor Rino Rappuoli, vaccinologo di fama internazionale, ricercatore capo presso Gsk Vaccines e coordinatore del Monoclonal Antibody Discovery (Mad) Lab di Fondazione Toscana Life Sciences, una società che sta sviluppando un altro anticorpo monoclonale contro il coronavirus.

“Ce ne sono molti e sappiamo che costano tantissimo – ha spiegato Rappuoli riferendo si ai farmaci – e questo per una serie di motivi. Il primo in genere è perché non sono molto potenti. Quindi se ne devono usare diversi grammi, per via endovenosa”, un dettaglio che rende “il costo finale molto alto”. In secondo luogo, “è che fino a qualche tempo fa fare anticorpi monoclonali per le malattie infettive era difficile: si facevano anticorpi poco potenti e quindi in grosse quantità. Oggi, invece, facciamo anticorpi estremamente più potenti: mille volte rispetto a quelli che facevamo 10 o 15 anni fa. Con un costo, quindi, mille volte minore. Inoltre possono essere iniettati invece che essere somministrati per via endovenosa”, ha aggiunto lo scienziato. L'anticorpo monoclonale in sviluppo presso il Laboratorio Mad si baserà su quantità molto basse, e quindi dovrebbe avere un costo piuttosto competitivo. Non va dimenticato che nel costo finale degli anticorpi monoclonali così come in quello di molti altri farmaci finisce anche quello sostenuto dalla ricerca per ottenere il farmaco pronto all'uso.

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