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Perché gli animali fanno bene a mangiare i propri figli

Grazie a un modello matematico un team di ricerca internazionale ha determinato che gli animali che divorano o abbandonano i propri figli lo fanno a fin di bene per la prole restante, garantendole maggiori probabilità di sopravvivenza. Il modello messo a punto dagli scienziati dovrà essere verificato in natura.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Alexas_Fotos
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Mangiare i propri figli o abbandonarli, in determinate condizioni, per alcuni animali può essere una vera e propria forma di assistenza genitoriale, poiché in grado di migliorare le probabilità di sopravvivenza della prole restante. Lo ha determinato un team di ricerca internazionale composto da studiosi dell'Università del Tennessee di Chattanooga (Stati Uniti d'America) e della prestigiosa Università di Oxford, Gran Bretagna.

Enigma evoluzionistico. Il cannibalismo filiale è considerato un vero e proprio enigma evoluzionistico per i biologi, dato che esso è in netto contrasto con le tipiche cure parentali caratterizzate da sorveglianza, educazione, procura delle risorse e pulizia alla stregua del grooming (la rimozione delle pulci e di altri parassiti osservabile ad esempio nelle scimmie). Eppure, numerosi rappresentanti tra mammiferi come i conigli, rettili, insetti, pesci, uccelli e ragni non si fanno problemi ad abbandonare la prole o a divorarla. Perché lo fanno?

Cannibalismo a fin di bene. Per verificare l'impatto del cannibalismo filiale gli scienziati coordinati dalla professoressa Mackenzie Davenport hanno sviluppato un apposito modello matematico. Il modello ha introdotto “un individuo immaginario con una mutazione per cannibalismo filiale o abbandono della prole, in una popolazione di animali generici che depongono uova”, ha dichiarato l'autrice principale dello studio. Analizzando le simulazioni è emerso che quando il sovraffollamento diventa una minaccia per la sopravvivenza della prole – a causa della più rapida diffusione delle malattie e della competizione serrata per le risorse -, scegliere di sacrificare alcuni figli può dare maggiore probabilità di sopravvivenza agli altri. Con questa chiave di lettura, il cannibalismo filiale si trasforma in forma di assistenza genitoriale per la prole restante. Questo modello resta valido anche quando il cannibalismo non determina un apporto supplementare di calorie ai genitori (sempre calcolato matematicamente e tutto da verificare in natura).

I risultati. Ma se il sovraffollamento rappresenta una minaccia alla sopravvivenza dei figli e diventa necessario sacrificarne alcuni per permettere ai restanti di prosperare, perché non fare direttamente pochi figli? Davenport e colleghi hanno spiegato che i genitori non sempre possono prevedere l'ambiente in cui vivranno i figli, se le condizioni saranno stressanti o meno. Fattori come “disponibilità di cibo, disponibilità di ossigeno, presenza di malattie e predazione – ha dichiarato il coautore dello studio Michael Bonsall – potrebbero cambiare in modo imprevedibile”, dunque fare tantissimi figli – come pesci e conigli – e “scremare” successivamente rappresenta la soluzione più vantaggiosa in termini assoluti. I dettagli della ricerca, che dovrà essere verificata sul campo, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Frontiers in Ecology and Evolution.

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