Per la prima volta un braccio robotico è stato percepito come naturale da due pazienti
Per la prima volta nella storia della ricerca medica due pazienti amputati hanno percepito i propri arti robotici come se fossero naturali. Per raggiungere questo straordinario risultato, che comporterà benefici significativi soprattutto nella riabilitazione, gli scienziati hanno ‘ingannato' il cervello dei pazienti combinando uno stimolo tattile a uno visivo, sfruttando un visore per la realtà virtuale (l'Oculus Rift di proprietà di Facebook). A mettere a punto questa tecnica innovativa un team di ricerca internazionale guidato da studiosi italiani e svizzeri di vari istituti, tra i quali il Laboratorio di Neuroscienze cognitive e il Centro di neuroprostetica della Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL), l'Istituto di Neurobiologia dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Gli scienziati, coordinati dal professor Silvestro Micera, hanno basato la propria tecnica sull'invio simultaneo di due stimoli. Da un lato hanno inviato un impulso tattile a un nervo periferico della porzione di arto amputato, dall'altro hanno stimolato la vista del paziente attraverso un visore di realtà virtuale, che ‘illuminava' un dito della mano tridimensionale nell'esatto momento in cui si afferrava l'oggetto e veniva dato lo stimolo del tocco. “Abbiamo stimolato con il tatto un nervo periferico della parte amputata in modo da dargli l'informazione tattile e fargliela sentire al dito della mano fantasma”, ha dichiarato il professor Micera. Si tratta di un traguardo rilevante poiché gli arti bionici progettati fino ad oggi mancavano della cosiddetta ‘incarnazione', cioè non venivano percepiti come reali, a causa dell'assenza dei feedback multisensoriali naturalmente presenti.
Un altro aspetto significativo della ricerca elvetico-italiana risiede nel fatto che i due pazienti coinvolti nel progetto, sottoposti a specifici test al Policlinico Gemelli di Roma, non hanno avuto una percezione distorta del proprio arto robotico. Normalmente, infatti, chi ha subito l'amputazione di un arto percepisce la protesi come più corta rispetto alle dimensioni naturali, mentre con la duplice stimolazione i pazienti non hanno avuto questa sensazione. I dettagli dell'affascinante ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry.
[Credit: Scuola Politecnica Federale di Losanna]