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Ora sappiamo cosa c’è sotto alle nuvole di Giove

Grazie alla sonda della NASA “Juno”, in orbita attorno a Giove da cinque anni, gli scienziati hanno fatto nuove e importanti scoperte sulla violentissima atmosfera del gigante gassoso, dove i venti viaggiano fino a 600 chilometri orari e originano fulmini in grado di distruggere intere città sulla Terra.
A cura di Andrea Centini
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Giove. Credit: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/NASA/ESA, MH Wong e I. de Pater (UC Berkeley) et al.
Giove. Credit: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/NASA/ESA, MH Wong e I. de Pater (UC Berkeley) et al.

Dal 2016 la sonda della NASAJuno” sta analizzando a fondo il campo magnetico e le caratteristiche atmosferiche di Giove, il più grande pianeta del Sistema solare. Grazie ai sofisticati strumenti a bordo e alla pionieristica orbita polare, che nessun'altra missione aveva tentato in precedenza, la sonda americana sta svelando diversi affascinanti segreti del cuore turbolento del gigante gassoso; sono informazioni preziose che aiutano a comprendere meglio non solo la violentissima atmosfera gioviana, ma anche l'evoluzione e le dinamiche presenti sui lontani pianeti extrasolari. In questi giorni gli scienziati della NASA hanno rilasciato diversi nuovi studi sulle scoperte di Juno, considerate talmente rilevanti d'aver spinto l'agenzia aerospaziale statunitense a prolungare la missione dal 2021 al 2025, o meglio, fino a quando la sonda riuscirà a sopportare le mostruose sollecitazioni cui è sottoposta durante i voli orbitali.

Una delle scoperte più significative è relativa alla Grande Macchia Rossa, considerata la “madre di tutte le tempeste” del Sistema solare. Si tratta di un colossale anticiclone che infuria da secoli su Giove, visibile anche con strumenti ottici limitati (fu osservata per la prima volta circa duecento anni fa). La tempesta è talmente grande che può inghiottire comodamente anche l'intera Terra; ora, grazie allo strumento MWR installato su Juno, un radiometro a microonde, sappiamo che essa è molto più profonda di quel che ci aspettavamo. Si annida infatti per oltre 350 chilometri nel cuore del pianeta, andando al di là delle regioni in cui l'acqua si condensa e forma nuvole, superando anche il limite riscaldato dalla luce solare. Grazie all'MWR gli scienziati della NASA hanno scoperto anche che le tempeste più piccole su Giove arrivano fino a 100 chilometri di profondità, inoltre che questi cicloni risultano più caldi nella parte superiore (meno densa) e più freddi nella parte bassa (più densa).

Juno sta indagando a fondo sulle caratteristiche bande di nubi biancastre, marroni e rossastre che caratterizzano l'atmosfera di Giove, dovute a colossali correnti a getto (o venti) che viaggiano in direzioni opposte e che in alcuni casi possono raggiungere la mostruosa velocità di 600 chilometri orari, affondando per 3.200 chilometri nel cuore del pianeta. Da queste nubi possono sprigionare fulmini talmente potenti in grado di distruggere un'intera città sulla Terra. Gli scienziati non sanno esattamente come si formano le bande di Give, tuttavia, grazie ai passaggi di Juno è stato scoperto che l'ammoniaca si sposta in alto e in basso allineandosi con i loro fortissimi venti. “Seguendo l'ammoniaca, abbiamo scoperto cellule di circolazione negli emisferi nord e sud che sono simili alle ‘cellule di Ferrel' in natura, che controllano gran parte del nostro clima qui sulla Terra”, ha dichiarato in un comunicato stampa la dottoressa Keren Duer, tra i principali autori dei nuovi studi su Giove. “Mentre la Terra ha una cellula di Ferrel per emisfero, Giove ne ha otto, ciascuna almeno 30 volte più grande”, ha sottolineato l'esperta.

Grazie all'MWR gli scienziati hanno anche scoperto che a basse profondità le bande colorate risultano più luminose rispetto a quelle più vicine, mentre a circa 65 chilometri di profondità, al di sotto delle nuvole d'acqua, avviene il contrario, “il che rivela una somiglianza con i nostri oceani”, ha dichiarato la NASA. Questa aree di transizione rispecchiano infatti il termoclino terrestre, dovuto all'incontro di acqua oceanica con caratteristiche molto diverse. Non a caso gli scienziati hanno deciso di chiamare questo fenomeno Jovicline, “in analogia a uno strato di transizione osservato negli oceani della Terra, noto come termoclino, in cui l'acqua del mare passa bruscamente dall'essere relativamente calda a quella relativamente fredda”, ha affermato il coautore dello studio Leigh Fletcher.

Sfruttando un altro strumento di Juno, il Jovian Infrared Auroral Mapper (JIRAM), gli scienziati della NASA hanno infine scoperto che gigantesche tempeste poligonali presenti ai poli di Giove (otto in schema ottagonale a nord e cinque a schema pentagonale a sud) risultano particolarmente resistenti e durature, restando nella medesima posizione per lunghissimo tempo. “Il moto dei cicloni di Giove si influenza l'uno con l'altro, facendoli oscillare attorno a una posizione di equilibrio”, ha dichiarato il dottor Alessandro Mura dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma e autore principale di uno degli studi appena pubblicati. “Il comportamento di queste lente oscillazioni suggerisce che hanno radici profonde”, ha aggiunto lo scienziato italiano. I ricercatori sono certi che la sonda Juno, per tutto il tempo che resterà in funzione, continuerà a regalarci nuove e preziose informazioni sul gigantesco pianeta.

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