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Nuovi geni associati a tumori dei bambini: speranze per diagnosi precoce e cura

Ricercatori tedeschi e americani hanno scoperto numerosi geni e mutazioni che potrebbero portare al trattamento di migliaia di tumori infantili.
A cura di Andrea Centini
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Nuove speranze nella lotta ai tumori infantili grazie alla scoperta di nuovi geni e mutazioni associati alle neoplasie: potrebbero diventare il bersaglio di terapie già esistenti o in sperimentazione presso laboratori di tutto il mondo. Le firme genetiche individuate dagli scienziati sono così numerose da permettere potenziali trattamenti per migliaia di tumori. Nonostante l'importanza dei risultati, c'è anche un ‘lato oscuro' legato della scoperta di questi geni, fatti emergere da due team di ricerca – uno tedesco e uno statunitense – in due studi distinti: molti dei tumori di età pediatrica non corrispondono geneticamente ai corrispettivi negli adulti. Ciò significa che sarà necessario sviluppare terapie specifiche legate all'età dei pazienti. Ma veniamo alle due ricerche.

Gli studiosi del St. Jude Children's Research Hospital di Memphis, Tennessee, hanno scoperto ben 142 geni associati a tumori solidi e leucemie (tumori del sangue), dopo aver sequenziato il genoma di 1.700 piccoli pazienti. I profili emersi dalle indagini del team del professor Jinghui Zhang indicano che poco meno della metà di questi geni era noto per essere associato ai tumori degli adulti, mentre il restante è specifico per le neoplasie di età pediatrica. Come indicato, dunque, per aggredirli saranno necessarie terapie ad hoc.

I ricercatori tedeschi dell'Hopp-Children's Cancer Center di Heidelberg, coordinati dal professor Stefan Pfister, si sono invece concentrati principalemente sui tumori al sistema nervoso. Dopo aver sequenziato il DNA di un migliaio di giovani pazienti con 24 differenti tipologie di neoplasie, hanno individuato numerose mutazioni di interesse terapeutico, potenziali bersagli di farmaci esistenti o in sviluppo. I risultati delle due promettenti indagini sono stati pubblicate in due distinti articoli sull'autorevole rivista scientifica Nature.

[Credit: jarmoluk]

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