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Nuova mappa della radioattività in Europa: gli effetti del disastro di Chernobyl e dei test nucleari

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati svizzeri ha messo a punto una nuova mappa della radioattività in Europa, basata sulla distribuzione di cesio e plutonio derivati dal disastro di Chernobyl (1986) e dai test nucleari condotti nella stratosfera negli anni ’60. Concentrazioni più elevate di cesio sono state rilevate anche in Italia settentrionale, tuttavia si tratta di valori che non comportano alcun rischio per la salute umana e dell’ambiente.
A cura di Andrea Centini
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La nuova mappa della radioattività in Europa. Credit: Scientific Reports
La nuova mappa della radioattività in Europa. Credit: Scientific Reports

Grazie a un metodo di calcolo innovativo è stata messa a punto la nuova mappa della radioattività in Europa, più nello specifico dell'area che comprende Svizzera e alcuni Paesi limitrofi (tra i quali l'Italia). La mappa mostra nel dettaglio la distribuzione delle concentrazioni di plutonio e cesio nei vari territori presi in esame, legata sia ai test nucleari condotti nella stratosfera negli anni '60 che all'incidente di Chernobyl del 1986 (quest'ultimo responsabile “solo” del cesio). Fortunatamente le concentrazioni rilevate non rappresentano alcun pericolo per la salute umana né per quella dell'ambiente (discorso diverso per le aree dell'Ucraina prossime alla centrale), ma conoscerne la distribuzione può aiutare a prevedere le conseguenza di eventuali futuri incidenti e prendere le necessarie contromisure.

A mettere a punto la mappa della radioattività è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dello Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research (WSL), che hanno collaborato con i colleghi del Laboratoire des Sciences du Climat et de l’Environnement dell'Università di Parigi-Saclay; dell'Università di Basilea; dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e di altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Katrin Meusburger, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato 160 campioni di suolo provenienti da una banca dati europea dal 2009. La caratteristica interessante è che si tratta di campioni stabili, tutti prelevati da terreni sotterranei, non sottoposti a erosione e ad altri agenti in grado di influenzarne la “genuinità”.

Grazie al nuovo metodo di calcolo, basato sul rapporto fra plutonio e cesio, è stato possibile distinguere le fonti delle ricadute dei radionuclidi, nello specifico gli isotopi Cesio 137; Plutonio 239 e Plutonio 240. Come indicato, l'incidente di Chernobyl è responsabile solo del cesio, mentre i test nucleari condotti nella stratosfera hanno prodotto sia cesio che plutonio. Gli scienziati hanno scoperto che il cesio legato ai test nucleari circolava in atmosfera prima di essere portato a terra dalle piogge, che lo hanno diffuso in modo piuttosto uniforme (picchi più elevati sono stati rilevati sul Massiccio Centrale, sulle Ardenne e la Bretagna). Quello proveniente dall'incidente in Ucraina non ha raggiunto certe altitudini, e le concentrazioni maggiori si sono distribuite in prossimità dell'epicentro del disastro, a causa delle piogge verificatesi tra aprile e maggio nel 1986. Ma ciò non significa che i radionuclidi non hanno “viaggiato” in Europa. Concentrazioni superiori alla media si trovano infatti in Alsazia, Italia settentrionale, Francia orientale e Germania meridionale.

“Si tratta di concentrazioni che non hanno alcun effetto dannoso su ambiente e popolazione e che sono più base di quelle che ci sono naturalmente in alcune zone, ma è importante conoscerle”, ha dichiarato all'ANSA il dottor Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare dell'Enea. “Sapere come varia sulla crosta terrestre il livello radioattività è sempre importante anche per vedere differenze dovute a eventuali incidenti nucleari”, ha aggiunto lo scienziato. “Comprendere l'entità di queste fonti di fallout è cruciale non solo per stabilire una linea da seguire in caso di future ricadute di radionuclidi, ma anche per definire una base per le ricostruzioni geomorfologiche della ridistribuzione del suolo a causa dei processi di erosione”, hanno affermato Meusburger e colleghi nell'abstract del proprio studio. I dettagli della ricerca “Plutonium aided reconstruction of caesium atmospheric fallout in European topsoils” sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports del circuito Nature.

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