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Non esiste una dieta della dopamina, ecco perché

Il problema della dieta alla dopamina di Kerridge è che non è la sua dieta, né tanto meno si basa sulla dopamina, scopriamo perché.
A cura di Juanne Pili
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Lo chef Tom Kerridge ha pubblicato un recente libro dove parla della sua “dieta della dopamina” che lo avrebbe aiutato a perdere ben 70 chili. Ha ridotto drasticamente i carboidrati, smettendo inoltre di bere alcolici, ricorrendo ad una alimentazione puramente proteica. Così si perde peso alla svelta – come è risaputo già da tempo – ma la dopamina cosa c'entra? In questo contesto ben poco, mentre la "sua" dieta non sembra così originale.

Quale sarebbe il ruolo della dopamina

Secondo Kerridge il focus sta nell’assumere alimenti che stimolino la produzione di dopamina, tra questi uova, pesce, carne, verdura a foglie, frutta secca e cioccolato. Prima di concentrarci un attimo sulla dopamina facciamo notare che tali alimenti nell’insieme non sarebbero una grande novità: si chiama dieta mediterranea. Perché il nostro organismo produca dopamina, è necessario consumare determinati alimenti. A meno che non vogliamo ricorrere a degli stupefacenti che impediscono il recupero della dopamina, mantenendo i suoi valori alti e affaticando così i circuiti cerebrali, la dieta non potrà fare molto.

Basarsi sulla dopamina non sarebbe una buona idea

In questo contesto ciò che porta al dimagrimento in poco tempo non è infatti la dopamina, ma il fatto che venga imposta una forte riduzione calorica. Questo a prescindere dal fatto che legare la dopamina ad un sistema volto a farci dimagrire non sarebbe proprio una buona idea, così come non lo è abusare di stupefacenti che stimolino l’aumento della sostanza nel nostro corpo, visto che la dopamina è legata ad altri circuiti che regolano l’equilibrio psichico, essendo sia un neuro-trasmettitore che un neuro-ormone.  Gioca un ruolo importante nel regolamento delle nostre funzioni cognitive, nel comportamento e nella motivazione. Ma a noi piace ricordarla soprattutto per la sua capacità di provocare situazioni euforiche e di piacere che, per carità, possono essere stimolate anche vivendo l’esperienza di consumare un bel piatto iperproteico preparato da un eccellente chef.

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