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Covid 19

No, COVID-19 non è una semplice influenza: la mortalità è 3,5 volte superiore

Mettendo a confronto i dati dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva per influenza e COVID-19 tra il 1° novembre 2019 e il 30 giugno 2020, un team di ricerca canadese ha dimostrato che l’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 è 3,5 volte più mortale. Inoltre i pazienti COVID finiscono in rianimazione molto più spesso e hanno bisogno di più giorni di ricovero per recuperare.
A cura di Andrea Centini
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L'affermazione “è soltanto un'influenza” è una delle più gettonate tra i negazionisti della pandemia di COVID-19, che spesso vedono nelle restrizioni introdotte una qualche manovra occulta dei poteri forti. Ma la realtà dei numeri mostra chiaramente che l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 è decisamente più mortale di una comune influenza. Basta osservare i dati ufficiali sui decessi, che dall'inizio della pandemia, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins, sono arrivati a 2,3 milioni in tutto il mondo (92.338 soltanto in Italia). A mettere definitivamente una "pietra sopra" al paragone inopportuno tra la mortalità della COVID-19 con quella dell'influenza vi è un nuovo studio, nel quale è stato dimostrato che l'infezione del patogeno pandemico è 3,5 volte più letale. Ma non solo, i pazienti che contraggono il coronavirus SARS-CoV-2 hanno anche un rischio sensibilmente superiore di finire in terapia intensiva e di aver bisogno di un ricovero in ospedale più lungo.

A dimostrarlo con nuovi dati è stato un team di ricerca canadese guidato da scienziati Li Ka Shing Knowledge Institute dell'Ospedale St. Michael di Toronto e dell'Università di Toronto, che hanno collaborato con i colleghi del Dipartimento di Geografia e Gestione Ambientale dell'Università di Waterloo, del Women’s College Hospital, dello University Health Network e di altri istituti nordamericani. Gli scienziati, coordinati dai professori Amol A. Verma e Fahad Razak, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto i dati dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva per influenza e COVID-19 in in sette grandi ospedali di Toronto e Mississauga, nella provincia dell'Ontario (la più popolosa del Canada). Gli autori dello studio hanno preso in esame il periodo compreso tra il 1° novembre 2019 e il 30 giugno 2020.

Durante il periodo di riferimento sono stati registrati 1027 ricoveri in ospedale per COVID-19 e 783 con influenza. Nel primo caso, l'età media era di 65 anni anni e nel 59,1 percento dei casi si trattava di maschi (notoriamente più colpiti dal SARS-CoV-2); per quanto concerne l'influenza, l'età media era di 68 anni e i il numero di malati era praticamente equivalente tra uomini e donne (50,8 percento maschi con COVID). Come indicato nell'abstract dello studio, i pazienti con età inferiore ai 50 anni rappresentavano il 21,2 percento di tutti i ricoveri per COVID-19 e il 24,0 percento dei ricoveri nei reparti di terapia intensiva. Rispetto ai malati di influenza, i pazienti con COVID-19 presentavano mortalità ospedaliera, necessità di ricovero in terapia intensiva e durata della degenza sensibilmente maggiori. La mortalità per COVID era infatti del 19,9 percento contro il 6,1 percento rilevato per l'influenza; la necessità di rianimazione del 26,4 percento contro il 18 percento; e la durata del ricovero era in media di 8,7 giorni contro 4,8 giorni. “Possiamo ora affermare definitivamente che la COVID-19 è molto più grave dell'influenza stagionale”, ha dichiarato il dottor Amol Verma, medico del St. Michael's Hospital e docente dell'Università di Toronto. “I pazienti ricoverati in ospedale nell'Ontario con COVID-19 avevano un rischio di morte 3,5 volte maggiore, una necessità 1,5 volte superiore di ricorrere alla terapia intensiva e una degenza ospedaliera di 1,5 volte più lunga rispetto ai pazienti ricoverati con influenza”, ha aggiunto lo scienziato. I ricercatori non hanno tuttavia notato differenze nella necessità di riammettere in ospedale un paziente COVID o con influenza entro 30 giorni dalle dimissioni.

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Come indicato, una persona su quattro con COVID-19 finita in terapia intensiva aveva un'età inferiore ai 50 anni e non sempre era affetta da patologie pregresse (comorbilità). “È vero che la COVID-19 colpisce gli anziani più gravemente. Abbiamo scoperto che tra gli adulti ricoverati per COVID con un'età superiore ai 75 anni, quasi il 40 percento è morto in ospedale. Ma può anche causare malattie molto gravi anche negli adulti più giovani. Gli adulti sotto i 50 anni rappresentavano il 20 percento di tutti i ricoveri per COVID-19 nella prima ondata della pandemia. Quasi 1 adulto su 3 di età inferiore ai 50 anni ricoverato per COVID-19 ha richiesto cure intensive e quasi 1 su 10 ha richiesto una riammissione in ospedale non pianificata dopo la dimissione”, ha aggiunto il dottor Verma. Tutti questi dati confermano che la COVID-19 non è una semplice influenza, e gli autori dello studio sono preoccupati dal fatto che le varianti emergenti possano innescare una malattia ancora più letale, come sembrerebbe nel caso della variante inglese. A dicembre dello scorso anno una ricerca dell’INSERM (l'Istituto francese di salute e ricerca medica) e di altri centri transalpini pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet Respiratory Medicine era giunta alle stesse conclusioni dello studio canadese, determinando che la COVID-19 era circa 3 volte più letale dell'influenza. I dettagli del nuovo studio “Characteristics and outcomes of hospital admissions for COVID-19 and influenza in the Toronto area” sono stati pubblicati sulla rivista CMAJ – Canadian Medical Association Journal.

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