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Niente Matrix, studio dimostra che non viviamo in un ologramma

Aveva riscosso grande successo la tesi dell’Universo olografico, in base al quale vivremmo in una sorta di ologramma cosmico, un Matrix quantico. Un recente studio sembra mettere a congedo questa congettura.
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A cura di Juanne Pili
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Il principio olografico resta tutt'oggi una affascinante congettura formulata da Gerardus ‘t Hooft e Leonard Susskind. Si basa su concetti legati alla "gravità quantistica" e propone un modello di Universo paragonabile ad una immensa simulazione, o meglio una "proiezione". Inevitabili gli accostamenti nei media col film Matrix, ambientato proprio in una simulazione creata da esseri più semplici, ovvero delle intelligenze artificiali. Nella realtà invece si tratterebbe di "entità quantiche". Ma ridurre il Cosmo ad un ologramma gigante è solo un modo figurato per districarsi tra complicate equazioni che cercano di spiegare fenomeni come i buchi neri e l'entropia. In realtà la definizione corretta di principio olografico – forse meno cinematografica – è che  "certi spazi a tre dimensioni possono essere matematicamente ridotti a proiezioni bidimensionali".

La realtà è troppo complicata

Poco importa come ci figuriamo questa congettura che avrebbe bisogno di robuste dimostrazioni. Un'altro studio pubblicato recentemente su Science Advances il 23 settembre sembrerebbe mettere a congedo l'intera teoria. Le conclusioni della ricerca – condotta da Zohar Ringel e Dmitry L. Kovrizhin – è che non tutti i sistemi quantistici possono essere simulati utilizzando risorse classiche di calcolo. Detto in parole povere, mancano ancora importanti pezzi del puzzle. La recente dimostrazione dell'esistenza dei bosoni ha giocato un ruolo importante nel mettere a congedo la congettura.

Una simulazione smonta la "simulazione"

Lo studio si è avvalso di una tecnica nota come "simulazione di Monte Carlo" per indagare su un fenomeno noto come "conducibilità termica di Hall", visibile solo in sistemi con elevati campi magnetici e basse temperature. I ricercatori hanno scoperto così che la simulazione non è in grado di catturare un sistema con anomalie gravitazionali, come l'effetto Hall quantico. Poiché il numero di particelle richieste per la simulazione è aumentato, i ricercatori hanno scoperto che la simulazione stessa è diventata molto più complessa. Ed è proprio questo incremento di complessità a contraddire le premesse del principio olografico. L'ipotesi che una realtà complessa come la nostra sia basata su "micro-elementi" che la proiettano sì sarebbe dimostrata così insostenibile. Già in tempi non sospetti i colleghi di Scientificast avevano messo in evidenza a livello teorico l'inconsistenza di questa interpretazione del principio olografico.

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