Negazionismo dell’Hiv: a rischio trent’anni di ricerche contro il virus
In un recente sondaggio condotto in Italia è stato chiesto ad un campione di persone se avessero preferito un farmaco che previene il contagio da Hiv in alternativa alle misure contraccettive. I risultati sono preoccupanti: più del 50% sarebbe favorevole. Non tutti gli esperti reagiscono in maniera allarmata. Sta di fatto che un farmaco non garantirebbe una protezione totale, ed una maggiore promiscuità sessuale potrebbe vanificare i notevoli progressi raggiunti. Ad oggi sono stati fatti passi da gigante nella conoscenza del virus, tanto che nel 2030 molti sieropositivi supereranno i cinquant'anni d'età. Una previsione che trent'anni fa sarebbe stata ritenuta fantascientifica. Questi progressi sono però minacciati ancora da una scarsa informazione, per quanto nettamente migliore rispetto agli anni '80. Quel che preoccupa è soprattutto l'attività divulgativa dei guru negazionisti, che non solo invitano a non usare le precauzioni ma persuadono i sieropositivi a non seguire le cure mediche preposte.
Pericolose convergenze. Non a caso tra i divulgatori del negazionismo dell'Hiv troviamo anche siti volti a sostenere il collegamento dei vaccini con l'autismo. Non si risparmiano di sostenere questa pericolosa tesi nemmeno nella giornata mondiale contro l'Aids: si sostiene che non esisterebbe alcuna prova scientifica dell'esistenza del virus, la documentazione in materia sarebbe contraffatta, i test fasulli e oltre a questo il virus non sarebbe stato mai isolato.
Il documentario negazionista. Una delle pellicole che maggiormente ha dato manforte ai negazionisti è il documentario House of numbers, di Brent Leung. Quando il debunker inglese Myles Power osò produrre un contro-documentario consultando diversi esperti e mettendone in evidenza gli errori, subì non poche ritorsioni con tanto di sospensione – poi rimossa – della sua playlist da YouTube.
Il virsu Hiv venne isolato per la prima volta nel 1984 ed il merito va almeno a tre ricercatori: Robert Gallo, Margaret Heckler e Luc Montagnier. E' davvero difficile capire come si faccia a sostenere che non sia stato mai isolato, dal momento ch'è una procedura riproducibile da chiunque ne abbia le competenze nei laboratori appositi, nel 2009 ne è stato persino mappato il genoma (Hiv tipo 1). Del resto si è sieropositivi proprio perché vengono individuati gli anticorpi specifici del virus, per quanto questo tenda ad evolversi velocemente nel corpo che lo ospita, tanto che ogni sieropositivo possiede proprie varietà di Hiv, anche per questo è estremamente difficile trovare un vaccino. Dal momento che si tratta di un retrovirus ci vuole tempo prima che compaiano i sintomi dell’Aids. I farmaci oggi permettono comunque di prolungare la speranza di vita dei sieropositivi, questo perché evidentemente i ricercatori hanno studiato il virus. Se è vero che non tutte le immunodeficienze possono essere causate dall'Hiv è anche vero che tutti i malati di Aids sono sieropositivi. Queste sfumature sono una delle cause che – unite all'analfabetismo funzionale diffuso – permettono a sedicenti medici di lucrare sulla bufala del negazionismo, evidentemente senza preoccuparsi tanto delle pericolose conseguenze.
Robert Gallo oggi è impegnato nella ricerca di un vaccino. Su di lui pende un'accusa infamante: sarebbe stato indagato per aver contraffatto l'articolo che annunciò al mondo la scoperta del virus. Certamente nel 1992 sono comparsi titoli ambigui: "Gallo mentì sull'Aids", non di meno si fa riferimento alla paternità della scoperta; lo scienziato avrebbe tentato di attribuirsela a scapito del team francese di Montagnier; venne poi prosciolto e ricevette il Nobel assieme al collega nel 2008.
Il caso Maggiore. Nel documentario negazionista House of numbers viene intervistata anche la sieropositiva Christine Maggiore, morta di Aids nel 2008 (poco prima che venisse distribuito il film, anche se nei titoli di coda si sostiene che tutti i sieropositivi accreditati erano ancora vivi) il compagno sostenne che la sua polmonite persisteva da diversi mesi a causa dello stress. Era talmente convinta che il suo male potesse sparire magicamente, sfuggendo al complotto delle case farmaceutiche, da continuare ad allattare la figlia che ovviamente morì in tenera età, ufficialmente di polmonite, in realtà non è stata autorizzata alcuna analisi seria per accertarne il decesso da parte dei genitori.
Forse non tutti sanno che: ad oggi sono noti tre casi di completa guarigione dal virus; il caso più studiato è quello del paziente di Berlino, il quale potrebbe essere decisivo nella ricerca di una terapia efficace e personalizzata; esistono sieropositivi immuni all'Aids – cosa che se decontestualizzata può contribuire ad alimentare le tesi negazioniste; due casi di bambini nati da madre sieropositiva completamente guariti, anche se non senza complicazioni, ci fa capire quanto irresponsabile sia stato l'atteggiamento della Maggiore; esiste un caso noto di divulgatore del negazionismo che si è fatto fare una trasfusione di sangue infetto, ma è morto un anno dopo, ufficialmente di infarto.
Per maggiori approfondimenti sul negazionismo e sulla biologia del virus consigliamo la lettura dell'articolo di Salvo Di Grazia e la visione di una live dove intervengono sul tema il biologo Daniel Puente e l'esperto in biomedicina Gaetano Pezzicoli.