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Ministro di Tuvalu tiene discorso sul clima immerso in acqua: “Se non agiamo finiremo sommersi”

Tra le conseguenze più catastrofiche del riscaldamento globale vi è l’innalzamento del livello del mare, che rischia di far finire sott’acqua intere metropoli costiere, regioni e isole, soprattutto dell’Oceano Pacifico. Il ministro Simon Kofe dello Stato insulare di Tuvalu ha deciso di lanciare il suo messaggio per la COP26 con le gambe immerse nell’acqua, proprio per sottolineare i rischi che il suo e altri popoli stanno correndo.
A cura di Andrea Centini
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Il ministro Simon Kofe durante la registrazione del messaggio per la COP26. Credit: Ministry of Justice, Communication and Foreign Affairs, Tuvalu Government
Il ministro Simon Kofe durante la registrazione del messaggio per la COP26. Credit: Ministry of Justice, Communication and Foreign Affairs, Tuvalu Government

Il Ministro della giustizia, della comunicazione e degli affari esteri di Tuvalu, Stato insulare della Polinesia nel cuore dell'Oceano Pacifico, ha registrato il suo messaggio per la COP26 – attualmente in corso di svolgimento a Glasgow, in Scozia – dal mare, con le gambe immerse nell'acqua fino quasi alle ginocchia. Questa scelta curiosa ha in realtà un significato ben preciso, dato che uno dei rischi principali del riscaldamento globale è rappresentato dall'innalzamento del livello del mare. Il politico tuvaluano, il dottor Simon Kofe, ha deciso di lanciare il suo grido d'allarme ai potenti della Terra sottolineando che, se non sarà fatto concretamente qualcosa per contenere l'aumento della temperatura rispetto all'epoca preindustriale, “annegheremo tutti”. Non a caso si ritiene che la crisi climatica in atto possa innescare le più grandi migrazioni di massa nella storia dell'umanità.

Il potente videomessaggio, che sarà trasmesso in giornata durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), non è un'esagerazione, almeno per una parte significativa della popolazione umana. In base a una recente indagine condotta da scienziati di Climate Central è stato infatti determinato che se continueremo a immettere anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra – come il metano – ai ritmi attuali, entro 40 – 50 anni finiranno sott'acqua cinquanta grandi metropoli costiere. Se l'aumento della “febbre della Terra” salirà oltre i 3° C rispetto all'epoca preindustriale, verrebbero sommerse regioni che oggi sono popolate da circa 800 milioni di persone, ovvero il 10 percento della popolazione mondiale. Tra le comunità più a rischio vi sono quelle che vivono nel Sud Est asiatico e sulle isole del Pacifico, proprio come Tuvalu, che è composta da appena quattro isole coralline e una manciata di atolli, determinando una superficie complessiva di appena 26 chilometri quadrati. Ciò rende Tuvalu il secondo Paese al mondo meno popolato, dopo il Vaticano.

Il rischio per atolli e isole coralline che si trovano a livello del mare è estremo. L'aumento delle temperature innesca infatti lo scioglimento dei ghiacci ai poli, che a sua volta determina l'innalzamento del livello del mare. Se la temperatura aumenterà di 2° C rispetto all'epoca preindustriale, secondo i dati del rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico o IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell'ONU il mare salirà di circa mezzo metro entro la fine del secolo, sufficiente a inondare molte di queste isole pacifiche. Ma le simulazioni più cupe evidenziano che il livello del mare potrebbe superare anche il metro rispetto a quello attuale.

Ecco perché il ministro tuvaluano ha lanciato il suo appello in giacca e cravatta ma in bermuda, con le gambe immerse nell'acqua. Il video, registrato con la collaborazione della Tuvalu Broad casting Corporation – TVBC (la tv locale), sarà presentato durante uno dei panel della conferenza in corso a Glasgow. “La dichiarazione giustappone l’impostazione della COP26 con le condizioni di vita reale affrontate a Tuvalu a causa dell'impatto del cambiamento climatico e dell’innalzamento del livello del mare, evidenziando l'audace azione che Tuvalu sta intraprendendo per affrontare le questioni molto urgenti della mobilità umana e del cambiamento climatico!”, specifica Kofe nel suo messaggio. La speranza è che venga ascoltato dai potenti della Terra, ancora impegnati nel dibattito sulla neutralità carbonica, con Cina, Russia e India che intendono raggiungerla tra il 2060 e il 2070. Troppo tardi per scongiurare la catastrofe climatica, secondo gli esperti, mentre il Climate Clock continua a scorrere inesorabilmente.

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