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Marte è troppo piccolo per trattenere acqua a lungo ed essere abitabile, secondo uno studio

Analizzando le concentrazioni di isotopi del Potassio in meteoriti marziani di centinaia di milioni e miliardi di anni, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Washington ha determinato che la massa del pianeta rosso è troppo piccola per trattenere acqua a lungo sulla superficie. Ciò ne ha influenzato anche l’ospitalità per la vita.
A cura di Andrea Centini
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Diversi studi hanno determinato che Marte un tempo aveva grandi laghi, fiumi e valli allagate; secondo alcuni era un vero e proprio “pianeta blu”, che avrebbe potuto ospitare la vita come la Terra. Lo suggeriscono i rilevamenti dei rover e le immagini di bacini e canali prosciugati catturate dalle sonde in orbita attorno al Pianeta Rosso. Non è nota la ragione per cui Marte abbia perso tutta la sua acqua superficiale, ma molti scienziati ritengono che possa essere a causa dell'indebolimento del campo magnetico, con la conseguente rarefazione dell'atmosfera ed effetti a catena drammatici sui grandi bacini idrici. Non si esclude anche l'impatto con altri corpi celesti, ma si tratta solo di ipotesi. Secondo un nuovo studio, tuttavia, Marte potrebbe aver perduto la sua acqua a causa delle dimensioni contenute: in parole semplici, sarebbe troppo piccolo per trattenere a lungo quantità sufficienti di acqua e dunque permettere lo sviluppo della vita, perlomeno quella che conosciamo noi.

A determinare che le dimensioni possono aver influito in modo significativo sull'abitabilità di Marte è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del McDonnell Center for the Space Sciences dell'Università di Washington di St. Louis, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Sezione di Geochimica e Geocronologia Isotopica del Servizio Geologico Ceco, della Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California di San Diego, dell'Istituto per la Geologia dell'Università di Berna (Svizzera), dell'Istituto per la Mineralogia dell'Università di Munster (Germania) e della Scuola di Scienze della Terra dell'Università di Bristol. Gli scienziati, coordinati dal professor Kun Wang, docente presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie dell'ateneo di St. Louis, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un'analisi piuttosto peculiare. Si sono infatti concentrati sui livelli di isotopi stabili del Potassio (K) all'interno di meteoriti marziani e altrove, grazie ai quali è possibile stimare “la presenza, la distribuzione e l'abbondanza di elementi volatili su diversi corpi planetari”, hanno dichiarato i ricercatori in un comunicato stampa. Com'è possibile?

Gli scienziati hanno innanzitutto spiegato che il Potassio è un elemento “moderatamente volatile” , pertanto hanno deciso di utilizzarlo come una sorta di indicatore per determinare la sorti di altri composti più volatili. In pratica, se volatilizza il potassio, sicuramente l'altro fatto anche altri composti più volatili (come l'acqua). Dall'analisi dei meteoriti, il professor Wang e i colleghi hanno determinato che il Pianeta Rosso ha perso più Potassio e altri composti volatili rispetto alla Terra durante la sua formazione, "ma ha mantenuto più di questi volatili rispetto alla Luna e all'asteroide 4-Vesta, due corpi molto più piccoli e asciutti della Terra e di Marte". Tali differenze sarebbero legate proprio alle dimensioni del pianeta. “Il destino di Marte era segnato fin dall'inizio”, ha dichiarato il professor Wang. “Probabilmente esiste una soglia nelle dimensioni dei pianeti rocciosi affinché trattengano abbastanza acqua e consentano l'abitabilità e la tettonica delle placche; essa è superiore alla massa di Marte”, ha aggiunto l'esperto.

“I meteoriti marziani sono gli unici campioni a nostra disposizione per studiare la composizione chimica della massa di Marte”, ha affermato Wang. “Quei meteoriti marziani hanno età che variano da diverse centinaia di milioni a 4 miliardi di anni e hanno registrato la storia volatile dell'evoluzione di Marte. Attraverso la misurazione degli isotopi di elementi moderatamente volatili, come il potassio, possiamo dedurre il grado di esaurimento volatile dei pianeti e fare confronti tra i diversi corpi del sistema solare”, aggiunto lo scienziato. Per il team di ricerca non ci sono dubbi che Marte un tempo avesse acqua liquida, tuttavia determinarne l'effettiva quantità è difficile soltanto attraverso "il telerilevamento e gli studi dei rover", ha chiosato l'esperto. In pratica, si ritiene che il pianeta non fosse poi così “blu” anche nel suo periodo ‘migliore', e che a causa delle sue dimensioni limitate fosse destinato sin dall'inizio a inaridirsi e a non ospitare vita, a causa della breve finestra temporale in cui ha trattenuto acqua. I dettagli della ricerca “Potassium isotope composition of Mars reveals a mechanism of planetary volatile retention” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.

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