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Lombardia assaltata da due ceppi di coronavirus: “Tempesta virale” iniziata a metà gennaio

Scienziati del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano e della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia hanno condotto il più grande studio sul sequenziamento genomico del coronavirus SARS-CoV-2 in Lombardia, determinando che il patogeno ha colpito con due ceppi distinti e che ha iniziato a circolare da metà gennaio.
A cura di Andrea Centini
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La Lombardia è stata duramente colpita da due distinti ceppi del coronavirus SARS-CoV-2: uno si è diffuso maggiormente nel nord della regione, tra Bergamo e i comuni limitrofi (come Alzano e Nembro), l'altro più a sud, tra le province di Lodi e Cremona. Il patogeno, inoltre, era circolante nelle città lombarde già dalla metà di gennaio, benché la fonte dei contagi non è stata di origine cinese, bensì europea, dato che i ceppi individuati si distinguono sensibilmente dal ceppo individuato a Wuhan, la metropoli nella provincia dello Hubei da cui la pandemia ha iniziato a serpeggiare nel mondo intero.

Sono questi i risultati più significativi cui è giunto il più approfondito studio sul sequenziamento genomico del SARS-CoV-2 in Lombardia, grazie all'analisi delle sequenze virali ottenute dai campioni biologici di circa 350 pazienti, tutti sottoposti a tampone rino-faringeo. A condurlo un team di ricerca tutto italiano composto da scienziati dell'Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano e della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, col supporto della Fondazione Cariplo. Attraverso il sequenziamento, effettuato su campioni raccolti tra il 22 febbraio e il 4 aprile in vari comuni, gli scienziati coordinati dai professori Carlo Federico Perno (Direttore della Medicina di Laboratorio del Niguarda) e Fausto Baldanti (a capo del Laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo) hanno identificato due principali catene di trasmissione. La prima, composta da 131 sequenze, è quella che si è diffusa maggiormente a nord, a partire dal 24 gennaio; la seconda, di 211 sequenze e più variabile, si è fatta strada a sud, in particolar modo a Lodi. Ciò significa che quando sono scoppiati i casi a Codogno, il virus era già presente nei comuni più settentrionali, come Alzano e Nembro, dove il coronavirus ha avuto un impatto catastrofico. “Non è possibile escludere, dunque, che tale circolazione silente, multipla e simultanea di ceppi diversi, possa aver esacerbato la già elevatissima trasmissibilità del virus e aver creato così una vera tempesta virale in una regione così densamente popolata, come la Lombardia, rendendo difficili gli interventi di contenimento della diffusione stessa”, hanno sottolineato i ricercatori in un comunicato stampa diffuso dalla Fondazione Cariplo.

Sulla base dei test sierologici condotti sui cittadini della zona rossa di Lodi, di cui 5 risultati positivi tra il 12 e il 17 febbraio, è stato inoltre determinato che il virus circolava in Lombardia da almeno la metà di gennaio, dato che ci vuole circa un mese prima che si formino gli anticorpi/immunoglobuline neutralizzanti (IgG). “I dati raccolti mostrano inequivocabilmente che il virus è entrato in Lombardia prima di quel che si pensasse in origine e, soprattutto, lo ha fatto con assalti multipli e concentrici di ceppi virali diversi, in luoghi diversi ma in tempi molto vicini tra loro”, ha dichiarato il professor Perno.

Nonostante il devastante "accerchiamento" del virus, che in Lombardia ha provocato un numero significativo di contagiati e vittime, lo studio del Niguarda e del San Matteo ha anche evidenziato un aspetto positivo nel contrasto alla pandemia. Il coronavirus risulta infatti poco tendente a mutare nella proteina S o Spike, quella che sfrutta per legarsi al recettore ACE2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare, riversarsi all'interno, dar vita al processo di replicazione e dunque all'infezione (COVID-19). Ciò significa che i vaccini candidati attualmente in sviluppo non dovrebbero avere problemi di efficacia a causa di mutazioni. "I risultati confermano anche che il virus è stabile in una molecola che è Spike, l'ancora che il virus usa per infettare le cellule; stabile anche per le sequenze che vengono usate dal virus per mascherarsi", ha dichiarato il dottor Alberto Mantovani, coordinatore della Commissione Ricerca Scientifica di Fondazione Cariplo e Direttore scientifico di Humanitas. "Questo è un dato importante per gli studi sui vaccini, ma anche per le terapie con anticorpo sia con plasma che con anticorpi monoclonali; si tratta di informazioni molto utili per chi dovrà lavorare nella ricerca di terapie efficaci", ha concluso lo scienziato.

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