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Lo sciame di satelliti del progetto Starlink di Elon Musk preoccupa gli scienziati: ecco perché

Col progetto Starlink Elon Musk vuol rendere disponibile internet a banda larga in ogni angolo della Terra, ma per farlo dovrà inviare ben 12mila satelliti nell’orbita bassa terrestre. Per gli scienziati e gli astrofili questo immenso sciame di oggetti potrebbe rappresentare un grosso problema: ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Marco Langbroek/Vimeo
Credit: Marco Langbroek/Vimeo

La sera di giovedì 23 maggio SpaceX ha lanciato in orbita 60 satelliti sperimentali del progetto Starlink, destinato a diffondere internet a banda larga sull'intero Pianeta, anche in zone dove normalmente la rete non è accessibile (come deserti, oceani e le aree più remote della Terra). Per raggiungere questo ambizioso obiettivo la compagnia aerospaziale privata di Elon Musk è intenzionata a posizionare nell'orbita bassa terrestre ben 12mila di questi piccoli satelliti, una vera e propria invasione del cielo aspramente osteggiata dagli astronomi e dagli astrofili. Vediamo perché.

Inquinamento luminoso. Chiunque sia appassionato di fotografia astronomica, che richiede lunghe esposizioni e la somma di più scatti per ottenere il risultato desiderato, ha sicuramente gettato nel cestino numerose immagini a causa del passaggio di aerei e satelliti, che lasciano fastidiose scie innanzi al soggetto da immortalare. Ad oggi vi sono oltre 5.100 satelliti che viaggiano sopra alle nostre teste, lasciati in orbita da quando è iniziata la conquista dello spazio. Col progetto di Musk questo numero verrebbe più che triplicato, riempiendo di fatto la volta celeste con un vero e proprio sciame di oggetti. Per quanto suggestivo, il “treno di luci” dei 60 satelliti sperimentali immortalato da alcuni osservatori non sarebbe che l'inizio di questa invasione. Fortunatamente i satelliti non emettono luce propria, dunque non sono visibili quando entrano nell'ombra della Terra, inoltre i curiosi "trenini" spariranno col passare del tempo perché i satelliti si alzeranno sempre più di quota e si diraderanno. Dovrebbero restare invisibili ad occhio nudo per la maggior parte del tempo e in buona parte delle aree geografiche, tuttavia essi possono rappresentare un serio problema per gli astronomi che studiano gli oggetti del profondo cielo con i grandi telescopi e per gli astrofotografi impegnati negli scatti a lung posa.

Radioastronomia. I più preoccupati del progetto Starlink sono i radioastronomi, che attraverso i radiotelescopi catturano i debolissimi segnali radio provenienti dallo spazio profondo. Con un simile nugolo di satelliti andrebbero “cancellate” le preziose tracce di oggetti ed eventi lontani, e l'unico modo per continuare a studiarli potrebbe essere quello di andare a piazzare un radiotelescopio sulla faccia nascosta della Luna, come suggerito dall'astronomo Alan Duffy dell'Università Swinburne, che è anche ricercatore capo presso la Royal Institution of Australia.

Spazzatura spaziale. Un altro problema è rappresentato dalla spazzatura spaziale, tenendo presente il lancio di un numero così elevato di satelliti (che pesano 264 chilogrammi ciascuno e hanno le dimensioni di una scrivania). Per gli scienziati c'è il concreto rischio della cosiddetta “Sindrome di Kessler”, uno scenario proposto nel 1978 dallo scienziato della NASA Donald Kessler. I pratica, a causa dell'eccessiva presenza di oggetti nell'orbita bassa, è sufficiente che un detrito ne colpisca e distrugga uno per creare un'inarrestabile reazione a catena, in grado di disintegrare un grande numero di satelliti e creare un vero e proprio cimitero di spazzatura spaziale, con tutti i rischi che esso comporta. Per quanto rivoluzionario, il progetto Starlink potrebbe dunque creare non pochi problemi, anche se Elon Musk è comunque deciso a continuare per la propria strada.

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