L’estate 2021 in Europa è stata la più calda degli ultimi 30 anni: nel Mediterraneo picchi estremi
L'estate del 2021 in Europa è stata la più calda degli ultimi 30 anni, con una temperatura di ben 1° C superiore rispetto alla media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020. Il nuovo record di estate più rovente, valutata misurando la temperatura media tra il mese di giugno e quello di agosto, ha tuttavia superato solo di 0,1° C i precedenti primati, registrati nelle estati del 2010 e del 2018. Per quanto concerne il mese di agosto appena concluso, si è trattato del terzo più caldo mai registrato a livello globale, appaiato con quello del 2017. La temperatura dello scorso mese è stata infatti di 0,3° C superiore alla media registrata tra il 1991 e il 2020.
In Europa il mese di agosto è stato in linea con la media degli ultimi tre decenni, tuttavia vi è stata una notevole difformità geografica. Nei Paesi affacciati sul Mar Mediterraneo, un'area particolarmente suscettibile agli effetti dei cambiamenti climatici, ad esempio sono state registrate temperature massime da record, come i terrificanti 48,8° C rilevati a Siracusa l'11 agosto. Mai in Europa la colonnina di mercurio si era innalzata così tanto. Nella parte orientale del Vecchio Continente, d'altro canto, le temperature di agosto sono state mediamente superiori alla media ma non “infernali”, mentre nell'Europa del Nord sono risultate inferiori. La combinazione di questi dati ha determinato un agosto in linea con la media decennale.
A comunicare le nuove informazioni sulle temperature medie estive e del mese di agosto in Europa sono stati gli scienziati del Copernicus Climate Change Service (C3S) del Programma Copernicus, gestito in collaborazione tra l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la Commissione Europea. Il C3S è sotto l'egida del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF); il suo ruolo principale è monitorare l'impatto dei cambiamenti climatici e raccogliere dati da presentare ai decisori politici, affinché vengano approntare strategie adeguate per affrontarli. I dati sulle temperature sono ottenuti combinando le misurazioni raccolte dai satelliti e dai sensori piazzati a bordo di aerei, navi e stazione meteorologiche dislocati in tutto il mondo.
Per quanto concerne l'estensione del ghiaccio marino artico, un altro fattore fondamentale che rispecchia l'impatto del riscaldamento globale, lo scorso mese è risultata al di sotto della media, ciò nonostante era “ben al di sopra delle bassissime estensioni di agosto del 2012 (la più bassa mai registrata), del 2019 e del 2020”, come indicato nel comunicato stampa del C3S. In Antartide, d'altro canto, l'estensione del ghiaccio marino è risultata essere in controtendenza, dato che è stata la settima più grande ma registrata da quando viene tenuta traccia di questo dato. Le misurazioni sopraindicate non riguardano il ghiaccio perenne, ma quello che si forma e fonde ciclicamente in base alle stagioni. Lo scioglimento dei ghiacciai ai poli (questi sì, “perenni”) rappresenta una delle principali minacce del riscaldamento globale, dato che determina un pericoloso innalzamento del livello del mare. Si stima che entro la fine del secolo, se non fermeremo le emissioni di gas a effetto serra – come anidride carbonica e metano -, intere isole oceaniche (soprattutto gli atolli dell'Oceano Pacifico), metropoli e regioni costiere sprofonderanno sott'acqua.