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Covid 19

Le mascherine abbattono la diffusione dei contagi da Covid del 53%: continuiamo a usarle

Uno studio internazionale ha dimostrato che l’uso delle mascherine abbatte l’incidenza della COVID-19 del 53%. Efficaci anche distanziamento e igiene delle mani.
A cura di Andrea Centini
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L'uso della mascherina abbatte del 53 percento il tasso dei contagi da coronavirus SARS-CoV-2, il patogeno responsabile della pandemia di COVID-19. Anche il distanziamento fisico e il certosino e costante lavaggio delle mani – con acqua e sapone o un gel idroalcolico – offrono una protezione efficace, tuttavia il miglior risultato emerso dall'indagine è legato proprio all'uso del dispositivo di protezione individuale per il viso. Assieme alla fondamentale campagna vaccinale, dunque, a quasi due anni dalla diffusione del patogeno pandemico a Wuhan, in Cina, le misure anti Covid di base rappresentano ancora oggi un'arma estremamente preziosa per contenere le curve epidemiologiche. A maggior ragione se si tiene presente che nessun vaccino offre un'efficacia del 100 percento, inoltre vi sono moltissime persone (oltre 7 milioni in Italia) che non hanno ancora ricevuto la prima dose per scelta personale. In Europa stiamo vivendo una drammatica quarta ondata guidata dalla variante Delta e gli scienziati raccomandano di seguire scrupolosamente le misure anti Covid, oltre che naturalmente di vaccinarsi.

A determinare che le mascherine abbattono di oltre il 50 percento l'incidenza dei contagi è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati australiani della School of Public Health and Preventive Medicine dell'Università Monash di Melbourne, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Monash Outcomes Research and Health Economics Unit (MORE), dell'Università Torrens, del The Usher Institute dell'Università di Edimburgo e della Scuola di Medicina dell'Università Zhejiang di Hangzhou, Cina. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Stella Talic, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una revisione sistematica e una meta analisi di decine di studi dedicati agli interventi non farmaceutici (NPI) per contenere la diffusione del SARS-CoV-2 in numerosi Paesi, come appunto l'uso delle mascherine e il distanziamento sociale. Come specificato nell'abstract della ricerca, 72 studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione, dei quali 35 hanno valutato l'impatto delle singole misure di sanità pubblica e 37 hanno invece valutato un insieme di interventi. Otto delle indagini sono state incluse nella meta analisi, dalla quale è stata determinata l'efficacia delle singole norme anti contagio.

Come indicato dalla professoressa Talic e colleghi, la riduzione dell'incidenza della COVID-19 associata all'uso delle mascherine è stata del 53 percento (0.47, da 0.29 a 0.75, I2=84%). Per il distanziamento fisico è stato osservata una riduzione di circa il 25 percento (0.75, da 0.59 a 0.95, I2 = 87%), mentre per il lavaggio delle mani è stato ottenuto un risultato analogo a quello delle mascherine (0.47, intervallo di confidenza 95% da 0.19 a 1.12, I2 = 12%). Tuttavia, per quanto concerne il lavaggio delle mani, il numero di studi specifici era molto piccolo e dunque la rilevanza statistica non è significativa. Gli autori dello studio sottolineano inoltre che non è stato possibile condurre un'indagine approfondita sugli altri interventi non farmaceutici che hanno caratterizzato la pandemia di COVID-19, come le quarantene, l'isolamento, i famigerati lockdown, la chiusura delle frontiere fra i Paesi, lo smart working, la didattica a distanza e tutte le altre restrizioni e chiusure con le quali abbiamo imparato a convivere da oltre un anno e mezzo. L'esclusione degli studi dedicati a questi fattori, specificano gli esperti, è stata decisa a causa della progettazione delle diverse ricerche, di qualità contrastante e con risultati divergenti. I dettagli della ricerca “Effectiveness of public health measures in reducing the incidence of covid-19, SARS-CoV-2 transmission, and covid-19 mortality: systematic review and meta-analysis” è stata pubblicata sull'autorevole rivista scientifica The British Medical Journal (BMJ).

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