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Le cellule staminali contro la degenerazione maculare

I ricercatori della University College London hanno sperimentato su alcuni topi un trattamento a base di staminali contro la degenerazione maculare. Gli animali trattati con l’innovativa ricerca hanno risposto positivamente all’esperimento.
A cura di Redazione Scienze
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Retina affetta da degenerazione maculare
Retina affetta da degenerazione maculare

Respingere l'ombra attraverso la luce delle staminali, è questo l'obiettivo che alcuni studiosi della University College London stanno portando avanti con successo. Non si tratta del primo studio sull'argomento – basti ricordare la ricerca americana contro la cecità – ma l'avanzamento sui sui lati dell'Atlantico sembra suggerire un avvicinamento sempre più veloce all'obiettivo. Nel caso inglese, la ricerca si è concentrata sulla degenerazione maculare, una patologia che i cui sintomi si presentano mediamente intorno ai 50 anni e che, con l'avanzare dell'età, implicano una progressiva riduzione del campo visivo fino alla cecità. Nonostante la presenza di più trattamenti finalizzati a rallentare la degenerazione, la malattia è al momento inguaribile. Le cause della patologia sono sia genetiche che ambientali, per quanto non sia possibile dire quali delle seconde abbia maggiore incidenza. La terapia sperimentata nell'università londinese prevede l'uso di cellule staminali, opportunamente "specializzate" grazie ad un cocktail di sostanze nutritive che ne fanno cellule sensibili alla luce. Decine di migliaia di queste cellule vengono iniettate sul retro dell'occhio, raggiungono la retina e, dopo diverse settimane, riescono ad inviare messaggi visivi al cervello.

L'esperimento è stato già condotto su alcuni topi. Il risultato è stato impressionante: gli esemplari trattati con le staminali, inseriti in un piccolo contenitore in penombra, riuscivano ad uscire facilmente; quelli non trattati, invece, giravano in tondo. L'esito più che incoraggiante dei primi esperimenti non è tuttavia sufficiente per cominciare la sperimentazione sull'uomo. Il prof. Robin Ali, uno degli autori della ricerca, ha sì ammesso che "ci stiamo avvicinando sempre più alla realizzazione di una terapia", ma solo una volta che sarà accertato la sicurezza del trattamento sarà possibile, tra circa dieci anni, applicarla sull'uomo. Un'attesa necessaria, ma – spiega il dott. Rob Buckle del Medical Research Council, che ha finanziato anche la ricerca – "questo studio è un'importante pietra miliare per lo sviluppo di una terapia cellulare ampiamente disponibile contro la cecità".

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