Paolo Nespoli, uno degli astronauti italiani che negli anni è stato in orbita per più tempo, ha affrontato un tumore al cervello. Lo racconta in un'intervista al Corriere, dove spiega che lo scorso 28 novembre, a causa di problemi di salute e stanchezza persistente, i suoi voli si sono fermati per lasciare spazio a visite mediche. Qui la Tac ha mostrato una macchia, che la risonanza magnetica ha confermato essere un tumore. È un linfoma B al cervello, che costringe Nespoli a una sfida altrettanto dura come quei 313 giorni passati nello spazio: chemioterapia, riabilitazione e autotrapianto di cellule staminali.
"So solo che il medico ha detto che c’erano buone probabilità di cura, non dico di guarigione. Quindi gli ho risposto: facciamo tutto quello che c’è da fare" ha raccontato l'astronauta. "Quando ne ho preso coscienza ho cominciato ad avere una serie di effetti collaterali legati alla terapia. Forse il momento più duro è stato l’isolamento di 23 giorni durante l’ultimo ricovero per l’autotrapianto, al San Raffaele". Al Corriere spiega anche di non aver avuto paura, ma che "certi giorni mi sarebbe piaciuto che fosse tutto più chiaro e preciso come una lista di addestramento ed esami".
Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il più diffuso tra i linfomi non-Hodgkin, di cui due terzi sono appunto rappresentati da questa tipologia. Si tratta di una neoplasia aggressiva e caratterizzata da una rapida crescita che solitamente risponde al trattamento di prima linea. Nel 40 percento dei pazienti la malattia è però recidiva, eventualità che diminuisce le opzioni terapeutiche. Secondo le stime, ogni anno sono circa 150.000 le persone nel mondo che ricevono una diagnosi di linfoma B.
"Io mi sento alla fine di un tunnel, guardo avanti e vedo la luce" ha continuato Nespoli. "Non mi aspetto di ritornare normale, ma con la maggior parte della capacità che avevo prima, per continuare a viaggiare, a fare le conferenze, a parlare con i ragazzi, a spronarli a fare l’impossibile. Vedo queste cose nel mio futuro".