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La vita viaggia nell’Universo tra la polvere di stelle: così abbiamo avuto inizio

Un fisico dell’università di Edimburgo ha calcolato che la polvere interstellare può far sbalzare nello spazio microorganismi e molecole biologiche dall’atmosfera di pianeti e lune, trasportandole da un mondo all’altro. La polvere interstellare, esattamente come i meteoriti, sarebbe alla base della panspermia.
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A cura di Andrea Centini
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La vita potrebbe essersi diffusa sulla Terra e su altri mondi lontani trasportata dalla polvere interstellare, ovvero da quelle particelle microscopiche che viaggiano nello spazio a velocità elevatissime, impattando con pianeti e altri corpi celesti. Lo ha proposto un ricercatore dell'Università di Edimburgo, Scozia, che in pratica ha ampliato il numero di vettori alla base della cosiddetta panspermia, l'affascinante ipotesi secondo la quale i ‘semi' della vita sarebbero diffusi in tutto l'Universo. Sulla Terra sarebbero giunti proprio perché trasportati dallo spazio.

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Sino ad oggi il meccanismo di diffusione per eccellenza di questi semi, mattoni della vita ma anche veri e propri microorganismi, era considerato quello dei meteoriti, in grado di trasportarli e di farli ‘sbarcare' su mondi nuovi. Secondo Arjun Berera, docente di Fisica presso l'ateneo scozzese, anche la polvere interstellare avrebbe questa capacità. Potrebbe addirittura aver proiettato microorganismi e molecole biologiche presenti nell'alta atmosfera terrestre nello spazio, spingendole a vagare sino a giungere su nuovi pianeti e lune da colonizzare. Si tratterebbe dunque di un continuo processo di scambio, con potenziali nuovi microorganismi “alieni” in visita sulla Terra anche in questo momento.

Il principio, secondo il professor Berera, si basa tutto sulla fisica. Le particelle di polvere interstellare viaggiano infatti a una velocità di 70 chilometri al secondo, e sono sufficientemente veloci da colpire l'atmosfera terrestre (o quella di un altro pianeta) così forte da far sbalzare nello spazio forme di vita microscopiche e molecole biologiche “fluttuanti”, magari trasportate in alto da un fenomeno vulcanico. Studi condotti sulla Stazione Spaziale Internazionale hanno dimostrato che microbi sospesi nel vuoto dello spazio possono sopravvivere 1,5 anni; anche alcune piante e i sorprendenti tardigradi, minuscoli organismi dotati di straordinaria resistenza all'essiccazione e alle temperature estreme, potrebbero tranquillamente sopravvivere e viaggiare nello spazio. L'affascinante studio di Arjun Berera, i cui dettagli sono stati pubblicati su Astrobiology, apre dunque le porte a un punto di vista inedito sulla diffusione della vita nell'Universo, aumentando sostanzialmente le probabilità di scoprire forme di vita extraterrestri.

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