La superficie del Sole è costellata da “falò”: ecco le immagini più ravvicinate di sempre
La superficie del Sole è costellata da minuscole eruzioni di plasma mai osservate prima, versioni in miniatura dei potentissimi brillamenti che sono ben visibili anche dalla Terra. A causa delle loro caratteristiche, sebbene ancora non siano ancora noti i meccanismi che le producono, gli scienziati hanno deciso di chiamare queste mini-eruzioni “campfires”, ovvero falò. Secondo gli esperti potrebbero giocare un ruolo nel determinare l'infernale – quanto enigmatica – temperatura della corona solare, la parte più esterna dell'atmosfera della stella, che arriva a superare il milione di gradi Celsius, mentre la superficie si attesta attorno ai 5.500° C. Questa enorme e apparentemente inspiegabile differenza è uno dei grandi misteri della fisica solare, e la scoperta dei falò potrebbe finalmente fare luce.
A osservare per la prima volta i campfires sono stati gli strumenti equipaggiati sulla sonda dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) Solar Orbiter, lanciata alle 05:33 ora italiana del 10 febbraio di quest'anno da Cape Canaveral, a bordo di un razzo Atlas V. La Solar Orbiter, gestita in collaborazione con la NASA, ha scattato le immagini lo scorso 30 maggio, quando si trovava a 77 milioni di chilometri dal Sole, circa la metà della distanza che separa la Terra dalla stella (0,5 Unità Astronomiche). Ciò ha reso le immagini della Solar Orbiter, catturate nell'ultravioletto e nel visibile dallo strumento Extreme Ultraviolet Imager (EUI) gestito dall'Osservatorio Reale del Belgio (ROB), le più vicine mai ottenute del Sole. “I falò sono piccoli parenti dei brillamenti solari che possiamo osservare dalla Terra, milioni o miliardi di volte più piccoli”, ha dichiarato in un comunicato stampa dell'ESA il dottor David Berghmans, ricercatore del ROB. “Il Sole potrebbe sembrare tranquillo a un primo sguardo, ma quando lo osserviamo nei dettagli, possiamo notare quei bagliori in miniatura ovunque puntiamo lo sguardo”, ha aggiunto lo scienziato, a capo del team dello strumento EUI.
Gli scatti della Solar Orbiter sono stati i primi di una lunga serie che arriveranno quando la sonda diventerà ufficialmente operativa. Durante il primo perielio a 77 milioni di chilometri, infatti, sono stati accesi all'unisono tutti e dieci gli strumenti equipaggiati per testarli, ma inizieranno la fase di studio vera e propria alla fine del 2021, quando la sonda raggiungerà i 42 milioni di chilometri dal Sole, dove sopporterà temperature infernali grazie al potente scudo termico. Non si tratterà tuttavia del record di avvicinamento assoluto, che sarà invece conquistato dalla sonda della NASA Parker Solar Probe (si avvicinerà ad appena 6 milioni di chilometri dalla stella). Tra gli strumenti installati sulla Solar Orbiter ce ne sono anche tre tutti italiani: il coronografo METIS che “osserva” nell'ultravioletto e nel visibile contemporaneamente; lo SWA (Solar Wind Analyzer) che studia il vento solare; e il telescopio SRIX che analizza i brillamenti nella lunghezza d'onda dei raggi X duri, come sottolineato dal Media INAF.
La scoperta dei falò è stata del tutto inattesa e gli scienziati ne sono entusiasti, a maggior ragione se si considera che si è trattato solo di un test condotto non dal centro di comando, ma da remoto con computer personali, a causa delle restrizioni imposte per la pandemia di coronavirus. “Queste sono solo le prime immagini e possiamo già vedere nuovi interessanti fenomeni”, ha affermato Daniel Müller dell'ESA. “Non ci aspettavamo risultati così grandi fin dall'inizio. Possiamo anche vedere come i nostri dieci strumenti scientifici si completano a vicenda, fornendo un quadro olistico del Sole e dell'ambiente circostante”, ha aggiunto lo studioso. La Solar Orbiter in futuro fornirà uno sguardo senza precedenti sul Sole, grazie alla sua orbita peculiare che le permetterà di indagare sui poli.