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La solitudine cambia il cervello e rende paurosi e aggressivi a causa di una molecola

Ricercatori americani del California Institute of Technology hanno dimostrato che l’isolamento sociale aumenta la concentrazione di una molecola nel cervello sui topi, che determina una maggiore aggressività e paura nei roditori. La scoperta potrebbe portare a nuove cure per i disturbi mentali, dato che la molecola si trova anche nel cervello umano e può essere regolata con un farmaco.
A cura di Andrea Centini
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L'isolamento sociale fa aumentare nel cervello le concentrazioni di un molecola che alimenta comportamenti aggressivi e legati alla paura. Lo ha dimostrato un team di ricerca della Divisione di Biologia e Ingegneria Biologica presso l'autorevole California Institute of Technology di Pasadena, dopo aver condotto specifici esperimenti su modelli murini (topi).

Lasciando isolati per due settimane i roditori, gli studiosi guidati dai professori David J. Anderson e Moriel Zelikowsky hanno evidenziato una sovraregolazione nel cervello di uno specifico neuropeptide, la molecola di segnalazione tachichinina 2 (Tac2) / neurochinina B (NkB). All'aumento della ‘molecola della solitudine' aumentavano anche i comportamenti anomali degli animali, come l'elevata aggressività nei confronti dei simili (una volta riportati in gruppo) e una paura esagerata nei confronti di determinati stimoli.

L'aspetto più interessante della ricerca risiede nel fatto che gli studiosi hanno scoperto un metodo per regolare a proprio piacimento le concentrazioni di neurochinina B nel cervello dei topi, attraverso un farmaco – chiamato Osanetant – che blocca il recettore NkB. Aumentando la molecola della solitudine in topi che vivevano in gruppo hanno fatto emergere gli stessi comportamenti di paura e aggressività dei topi isolati; viceversa, riducendola nei topi isolati hanno eliminato del tutto questi comportamenti.

Poiché la stessa molecola è presente anche nel cervello umano, gli studiosi americani ipotizzano che regolandola con questo farmaco potrebbe essere possibile trattare alcuni disturbi psichiatrici, ma anche lo stress generato dall'isolamento e dal lutto. Il medicinale, inoltre, potrebbe ridurre anche i comportamenti aggressivi nelle persone condannate al carcere. In passato l'Osanetant fu utilizzato come potenziale trattamento per il disturbo bipolare e la schizofrenia, ma pur non avendo effetti collaterali non diede risultati rilevanti. Per questa ragione potrebbe avere una seconda chance nel contrasto ad altre tipologie di disturbi mentali. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Cell.

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