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La ‘selfite’ esiste e la gravità del disturbo mentale varia in base ai selfie pubblicati

Un team di psicologi internazionale ha dimostrato l’esistenza della ‘selfite’, un disturbo mentale che colpisce chi ha l’ossessione dei selfie. Può essere definita borderline, acuta e cronica.
A cura di Andrea Centini
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L'ossessione di scattarsi selfie col cellulare e pubblicarli online sui social network è un vero e proprio disturbo mentale ed è stato chiamato “selfite”. Vi sono tre livelli di gravità e la condizione peggiore è quella definita cronica, che colpisce chi sente il bisogno di scattarsi continuamente foto e ne pubblica su Facebook almeno sei ogni 24 ore. L'esistenza della condizione è stata determinata da un team di psicologi dell'Università Nottingham Trent (Gran Bretagna) e della Scuola di Management Thiagarajar di Madurai in India, che ha condotto uno studio ad hoc coinvolgendo centinaia di cittadini del grande Paese orientale.

I ricercatori, coordinati da Mark Griffiths, uno stimato professore di tossicodipendenza comportamentale presso l'ateneo britannico, e dal collega Janarthanan Balakrishnan, hanno scelto il popolo indiano non solo perché in India vi è il più alto numero di iscritti su Facebook, ma anche perché è quello con più morti dovuti a selfie scattati in posti pericolosi. Un fenomeno che ha colpito anche il nostro Paese, sebbene con cifre sensibilmente inferiori.

Gli studiosi, dopo aver indagato a lungo sul fenomeno, hanno analizzato il comportamento di vari gruppi e sottoposto un sondaggio a 400 partecipanti, mettendo così a punto una vera e propria ‘scala della selfite'. Attraverso un test, che si completa rispondendo a venti distinte affermazioni dando un punteggio (da 1 a 5) a ciascuna di esse, è possibile ottenere un valore che indica o meno la presenza della condizione e il suo livello di gravità. Come specificato vi sono tre categorie: borderline, acuta e cronica. Nella borderline rientrano coloro che si scattano almeno tre selfie al giorno ma che non vengono pubblicati sui social network; nella acuta, invece, gli autoscatti eseguiti – almeno tre – finiscono effettivamente online. Nella più grave questo desiderio di scattarsi foto copre l'intero arco della giornata e se ne pubblicano almeno sei.

Secondo i ricercatori le persone colpite da selfite hanno una scarsa autostima, sono in cerca di attenzione, hanno bisogno di migliorare il proprio umore, cercano di aumentare la conformità col gruppo sociale che li circonda e provano ad essere “socialmente competitive”.

Curiosamente, nel 2014 circolò un fake news sull'esistenza della selfite e sulla sua classificazione come vero disturbo mentale ad opera dell'American Psychiatric Association. Il nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Mental Health and Addiction, ne conferma gli estremi come tale, sebbene non tutti gli psicologi siano concordi sulla sua esistenza.

[Credit: soyvanden]

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