video suggerito
video suggerito

La scienza può leggere i nostri sogni?

Un gruppo di ricercatori sostiene di esser riuscito a decodificare il contenuto dei sogni di alcuni volontari grazie a tecniche di neuroimaging funzionale.
A cura di Nadia Vitali
100 CONDIVISIONI
leggere i sogni

Probabilmente piacerebbe a tutti, anche a chi non si interessa con particolare passione alla psicoanalisi o alla possibilità che dietro la nostra attività onirica si celi un "messaggio" da tenere a mente e, magari, interpretare: perché conoscere il contenuto dei propri sogni, le immagini e i suoni che scorrono dinanzi ai nostri occhi chiusi mentre il corpo è immobile e il cervello vaga tra i paesaggi e le strettoie dell'inconscio, sarebbe un'esperienza indubbiamente non priva di un certo fascino. Non a caso, da anni ormai, in molti hanno annunciato l'arrivo di macchine in grado di catturare i pensieri notturni registrandoli di modo da consentirci, durante la veglia, di conoscere il contenuto dei nostri sogni: al momento, tuttavia, l'impresa non è ancora divenuta realtà, sebbene in un articolo recentemente pubblicato da Nature si torni a parlare dell'argomento con toni ottimistici, sulla base di un esperimento condotto da un gruppo di studiosi guidati da Yukiyasu Kamitani dell'ATR Computational Neuroscience Laboratories di Kyoto.

Indagando nei sogni

incubo sogno

Entrare nella mente di un dormiente, ovviamente, non è un’impresa da poco né lo è decodificare gli impulsi provenienti da questa ed associarli con certezza ad immagini: per questa ragione, i ricercatori hanno accompagnato alla registrazione dell’attività del cervello (elettroencefalogramma, EEG) di tre volontari che hanno preso parte all'esperimento, una serie di domande il cui scopo era comprendere al meglio il delicato territorio nel mondo onirico. In pratica, quando le onde rivelavano che i partecipanti si erano appena addormentati, gli studiosi li svegliavano, li interrogavano a proposito di cosa stavano sognando e poi chiedevano loro di addormentarsi nuovamente. Il tutto veniva eseguito in “blocchi di sonno” di tre ore ciascuno durante i quali i soggetti venivano destati dieci volte all'ora: in media, ciascuno ricordava circa sei/sette sogni per ora; le sessioni sono state ripetute in giorni diversi fino ad una decina di volte, consentendo alla fine ai ricercatori di avere circa 200 sogni a disposizione per ciascun partecipante su cui indagare.

La maggior parte dei sogni era nient’altro che il riflesso delle singole esperienze diurne, hanno rilevato i ricercatori: del resto, questa osservazione era stata già fatta secoli addietro, e senza l'ausilio di tecniche di neuroimaging funzionale. Ad Artemidoro di Daldi (II secolo d. C.) risale, infatti, la classificazione dei sogni in base alla loro importanza: da una parte c'era il sogno profetico con tanto di visione dell’evento annunciato, dall'altra il più frequente residuo del giorno che, occasionalmente, poteva accompagnarsi ad “allucinazioni” intese verosimilmente come apparizioni in uno stato intermedio tra sonno e veglia, tra cui rientravano gli incubi e, di tanto in tanto, le temutissime paralisi ipnagogiche. Tuttavia, il gruppo di studiosi ha evidenziato come non mancassero contenuti originali e bizzarri tra le esperienze oniriche dei volontari, come ad esempio le conversazioni con attori famosi.

Un modello per "predire" i sogni?

corteccia visiva

Successivamente, Yukiyasu Kamitani e i suoi colleghi hanno estrapolato alcuni temi ricorrenti dai sogni ed hanno selezionato una ventina di categorie (uomo, donna, automobile, computer, ad esempio) che apparivano con maggiore assiduità nei resoconti onirici: mostrando fotografie che rappresentavano ciascuna categoria, hanno sottoposto i partecipanti nuovamente ad elettroencefalogramma, comparando il modello di attività cerebrale con quello registrato quando gli stessi venivano svegliati. Contestualmente sono state monitorate le aree del cervello coinvolte nel fenomeno, ovvero la corteccia visiva primaria (V1), secondaria (V2) e associativa (V3) normalmente associate ai processi visivi e di decodificazione basilare dei tratti caratteristici delle scene visualizzate. L'anno scorso, alcuni ricercatori del Max Planck Institute portarono a termine un lavoro simile, individuando quali zone cerebrali si attivavano durante il sonno, differenziandole a seconda di quello che veniva sognato: risultato fu una sorta di modello , come quello annunciato da Kamitani nel meeting annuale della Society for Neuroscience tenutosi la scorsa settimana a New Orleans.

«Siamo riusciti a ricavare un modello in grado di predire che tipo di contenuto, e la categoria a cui appartiene, sia presente nei sogni. Analizzando l'attività cerebrale per i nove secondi precedenti al momento in cui svegliavamo il soggetto, noi possiamo affermare, con una percentuale di accuratezza che si aggira intorno al 75-80%, quello che una persona sta sognando o ciò che non sta sognando». Ancora troppo poco? Per chi ha ansia di conoscere cosa accade nella propria vita onirica (e anche per consentire alla scienza di comprendere a fondo la funzione del fenomeno dei sogni) probabilmente sì: ma è un inizio per indagare un territorio che, evidentemente, resta ancora uno dei più misteriosi in assoluto. Del resto, «l'Universo e il cervello sono i più grandi misteri della nostra esistenza».

100 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views