video suggerito
video suggerito
Covid 19

Perché chi ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca può avere la seconda dose con un altro vaccino

Poiché non si è ancora fatta piena luce sulla questione tra il (raro) rischio di trombosi e il vaccino anti Covid di AstraZeneca, alcuni Paesi hanno deciso di sospendere le somministrazioni del farmaco agli under 60-55, anche per coloro che avevano già ricevuto la prima dose. In Francia e Germania, ad esempio, le persone già trattate riceveranno come seconda dose un vaccino diverso, lo Pfizer o il Moderna. Abbiamo chiesto un parere sulla questione al virologo Fabrizio Pregliasco; ecco cosa ci ha raccontato.
A cura di Andrea Centini
1.342 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Il vaccino anti Covid di AstraZeneca continua a trovarsi al centro delle polemiche, nonostante le (continue) rassicurazioni su efficacia e sicurezza da parte dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e di numerosi esperti. Dopo i dibattiti sui risultati “incerti” degli studi clinici e i problemi nella distribuzione delle dosi, a colpire l'immagine del farmaco della società biofarmaceutica anglo-svedese vi sono stati i rarissimi casi di eventi tromboembolici, verificatisi in alcune decine di vaccinati su decine di milioni di dosi somministrate. Nell'ultima conferenza stampa tenutasi mercoledì 7 aprile, l'EMA, pur confermando la correlazione tra il farmaco e i casi di trombosi, ha sottolineato che il bilancio costi–benefici è nettamente in favore del vaccino, decidendo così di non promuovere limitazioni, ma di riportare sul “bugiardino” del farmaco la rara eventualità che possano verificarsi questi effetti collaterali. Ciò, di fatto, ha lasciato le decisioni sulle “sorti” del vaccino nelle mani dei singoli Paesi, che più o meno tutti hanno optato per non somministrare al di sotto dei 60-55 anni (come l'Italia, la Francia e la Germania). La scelta è legata al fatto che i casi di trombosi della vena sinusale, trombosi della vena splancnica e trombosi arteriosa – dovuti a una reazione immunitaria verso il vaccino, secondo gli esperti – si sono concentrati proprio al di sotto di questa fascia di età, principalmente nelle donne.

Le limitazioni hanno lasciato in una sorta di “limbo” i soggetti under 60 cui nel frattempo era stata già somministrata la prima delle due dosi del Vaxzevria, nuovo nome del vaccino anti COVID di AstraZeneca (precedentemente conosciuto come AZD1222 o ChAdOx1). In Italia si tratta principalmente di insegnanti, membri delle forze dell'ordine e anche operatori sanitari in attesa della seconda dose, che in base alle ultime indicazioni andrebbe inoculata a tre mesi di distanza dalla prima; in tale lasso di tempo, infatti, il vaccino di AstraZeneca garantisce un'ottima efficacia dell'82 percento contro la COVID-19 sintomatica, come rilevato dalle ultime analisi. Nel nostro Paese si è deciso che gli under 60 già sottoposti alla prima inoculazione di AstraZeneca potranno ricevere anche la seconda; la ragione risiede nel fatto che i rari eventi tromboembolici associati al vaccino si sono tutti verificati dopo l'inoculazione della prima dose, e non dopo la seconda. Altri Paesi, come la Francia e la Germania, hanno tuttavia deciso di sparigliare le carte in tavola e di bloccare le inoculazioni delle seconde dosi di AstraZeneca in chi a meno di 55 anni. “Nelle seicentomila vaccinazioni legate alla seconda dose non si sono mai visti eventi. È una prudenza estrema che crea problemi”, ha sottolineato a fanpage il virologo Fabrizio Pregliasco dell'Università degli Studi di Milano, che ha definito la situazione creatasi attorno al vaccino AstraZeneca una “cacofonia bestiale che rovina l'immagine e la percezione della vaccinazione”.

Secondo lo scienziato, Presidente Nazionale dell’A.N.P.A.S. (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze), sarebbe stata infatti più opportuna una decisione coordinata da parte dei Paesi e una diversa comunicazione da parte dell'EMA, che tuttavia – specifica Pregliasco – svolge la funzione di consulente ed esprime pareri su richiesta; le decisioni spettano infatti alla sovranità delle singole organizzazioni sanitarie nazionali. Ciò si riflette nella diversificazione delle scelte, che non fanno altro che instillare dubbi e incrinare la fiducia verso la campagna vaccinale. Come indicato, tra chi ha deciso di bloccare le seconde dosi di AstraZeneca agli under 55 che avevano ricevuto la prima vi è la Francia, che aveva già bloccato le inoculazioni da metà marzo. “È del tutto logico dire ‘non raccomandiamo il vaccino AstraZeneca a chi ha meno di 55 anni in attesa di saperne di più'”, ha affermato il ministro della Salute francese Olivier Véran, medico neurologo di 41 anni, riferendosi alla questione trombosi. “Se avete ricevuto una prima iniezione e avete meno di 55 anni, vi proporremo un altro vaccino 12 settimane dopo la prima iniezione. Riceverete una iniezione di un vaccino a RNA messaggero”, ha aggiunto il ministro. Il riferimento è naturalmente ai vaccini di Pfizer-BioNtech e Moderna Inc.-NIAID, che si basano su filamenti di RNA (custoditi all'interno di nanoparticelle lipidiche) contenenti l'informazione genetica della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2. Anche la Germania inoculerà agli under 60 che hanno ricevuto una prima dose di AstraZeneca una seconda di Pfizer e Moderna. In pratica, in questi Paesi si ricorrerà al cosiddetto “Mix-and-Match”, la somministrazione di due vaccini diversi per garantire la copertura immunitaria.

La pratica, già “promossa” dal National Health Service (NHS – il sistema sanitario britannico), non viene vista da tutti gli esperti di buon occhio, tanto che alcuni hanno parlato addirittura di “Far West delle vaccinazioni” perché mancano dati sperimentali che certifichino la bontà della strategia. Altri la ritengono invece sensata, anche alla luce del fatto che già solo le prime dosi dei vaccini anti COVID stanno contribuendo in modo significativo all'abbattimento dei contagi e soprattutto dei morti. Il professor Pregliasco sottolinea che in Inghilterra è un approccio che in qualche modo è stato già adottato e lo ritiene percorribile: “Si può immaginare un richiamo con un vaccino diverso che sarà necessario in una fase successiva. Questo primo giro non sarà sufficiente a dare una copertura per la vita, sarà come l'influenza, bisognerà fare richiami vaccinali e quindi si colma il gap con questa strategia”. Il virologo ha aggiunto che la campagna dei richiami è comunque ancora tutta da definire, dato che non si sa se sarà dedicata ai soli soggetti fragili e fra quanto tempo avrà inizio, tuttavia “è presumibile che ce ne sia bisogno”.

1.342 CONDIVISIONI
32831 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views