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La passione per il caffè è una questione di geni

A svelarlo è uno studio condotto dalle università di Trieste ed Edimburgo.
A cura di Nadia Vitali
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Credit: John Walton/PA Wire
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C'è chi ne ha bisogno solo al mattino, chi si concede questo piccolo piacere anche dopo pranzo e chi proprio non può farne a meno diverse volte nell'arco della giornata: in ogni caso, a determinare che si abbia o meno la dipendenza dal caffè sarebbe il nostro DNA. Lo afferma uno studio condotto dall’IRCCS Burlo Garofolo (l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico materno-infantile del Friuli Venezia Giulia), dall’Università di Trieste e dall’Università di Edimburgo, grazie anche alla collaborazione di carattere solo tecnico e operativo dell’azienda Illy, pubblicato il 25 agosto sulla rivista Scientific Reports.

Il ruolo del gene PDSS2

Stando alle conclusioni del gruppo di ricerca coordinato dal professor Paolo Gasparini, a giocare un ruolo fondamentale sarebbe il gene PDSS2: le persone che mostrano una precisa variazione in esso, infatti, tenderebbero a bere meno caffè. Questo perché tale caratteristica ridurrebbe l'abilità delle cellule a scomporre la caffeina e, di conseguenza, la manterrebbe più a lungo nel sangue: così gli effetti della caffeina sull'organismo risulterebbero attivi più a lungo, causando un minor desiderio di assumere altri caffè. Ecco spiegato, quindi, come mai per alcuni è naturale bere il caffè anche a conclusione di una cena mentre per altri un solo caffè nel pomeriggio può rendere difficile addormentarsi la sera.

Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo e una delle fonti primarie di assunzione di caffeina. Gli studi che stiamo effettuando sono collegati al ruolo del caffè nell’economia e per la salute delle persone: abbiamo iniziato a comprendere meccanismi chiave, ma molto c’è ancora da fare. Il nostro metodo di studio ha permesso di evidenziare le correlazioni tra genetica e caffè, e vi sono ulteriori elementi da approfondire. – Paolo Gasperini

Le fasi dello studio

La ricerca ha mosso i suoi primi passi in Italia, dove è stato analizzato il codice genetico di circa 1.200 persone, il 75% delle quali residenti in sei città del Nord Est, la parte restante in Puglia.

Oltre alle analisi di tipo scientifico, i partecipanti sono stati sottoposti a dei questionari relativi alle precise abitudini riguardanti l'assunzione del caffè. I risultati ottenuti in Italia hanno consentito di evidenziare una forte correlazione tra variazione del gene PDSS2 e tendenza a bere poco caffè al giorno, rispetto a quanti non presentavano tale variazione.

Dopodiché lo studio è stato ripetuto su un gruppo di controllo composto da un campione di cittadini olandesi, consentendo di giungere alle medesime conclusioni: unica – prevedibile – differenza nel numero di tazze di caffè bevute, a causa della differente concentrazione di caffeina nel caffè olandese e in quello italiano.

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