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Covid 19

La pandemia fa strage di giovani negli USA: luglio 2020 il più letale di sempre tra i 25 e i 44 anni

Mettendo a confronto i dati sulla mortalità nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni del 2020 con quella degli anni passati, un team di ricerca guidato da scienziati del Brigham and Women’s Hospital ha determinato che quest’anno si attendono ben 20mila decessi in più rispetto a quelli previsti per un anno “normale”. Secondo gli studiosi la pandemia di COVID-19 ha giocato un ruolo fondamentale per i morti in eccesso, direttamente e indirettamente.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins, nel mondo sono state contagiate (ufficialmente) oltre 75 milioni di persone dal coronavirus SARS-CoV-2, mentre le vittime sono poco più di 1,6 milioni. Il Paese che sta pagando il prezzo più alto di tutti sono gli Stati Uniti d'America, dove si registrano 17,2 milioni di contagi e 310mila morti (in Italia le infezioni complessive sono 1,9 milioni e le vittime 67.200). Sono cifre destinate a salire ancora a lungo e in modo significativo, e già per la fine del 2020 avremo un numero di decessi complessivo sensibilmente superiore a quello atteso per un anno “normale”, senza la diffusione di un patogeno pandemico come il SARS-CoV-2. Come indicato, gli Stati Uniti stanno registrando le statistiche peggiori in assoluto, e a causa della pandemia potrebbero toccare record drammatici in termini di mortalità generale. Il mese di luglio 2020, ad esempio, per i giovani adulti potrebbe essere stato quello più letale in assoluto nella storia degli USA. Basti pensare che da mercoledì 1 a venerdì 31 hanno perso la vita (per tutte le cause) più di 16.500 persone tra i 25 e i 44 anni, molte più di quelle attese.

A determinare l'impatto della pandemia di COVID-19 (l'infezione provocata dal coronavirus) sulla mortalità dei giovani statunitensi è stato un team di ricerca guidato da scienziati del Brigham and Women's Hospital di Boston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Sezione di medicina cardiovascolare della Scuola di Medicina dell'Università di Yale, del Dipartimento di Medicina d'Urgenza dell'Università di Harvard, dello Yuma Regional Medical Center e del Massachusetts General Hospital. Gli scienziati, coordinati dal professor Jeremy Samuel Faust, medico del Dipartimento di medicina d'urgenza dell'ospedale di Boston, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver comparato i nuovi dati con quelli sulla mortalità forniti dal Dipartimento della salute e dei servizi umani (HHS) e del National Center for Health Statistics. Va tenuto presente che l'anno non è ancora finito e parte dei dati deve essere ancora “pulita” e organizzata al meglio, pertanto i calcoli sono suscettibili di fluttuazioni.

Come rilevato da Faust e colleghi, da marzo a luglio sono morti oltre 76mila americani con un'età compresa tra i 25 e i 44 anni, e il mese più letale è risultato essere quello di luglio, con oltre 16.500 vittime. In base alla statistica, per un anno “normale” erano attesi circa 13mila decessi complessivi in questa fascia d'età, dunque ve ne sono ben 3.500 in più non previsti. Sulla base delle tendenze attuali, entro la fine dell'anno i morti in questa fascia d'età saranno 170mila, 20mila in più rispetto a quelli previsti. Secondo i dati dei CDC, fino ad oggi sono morte circa 2mila persone per COVID-19 tra i 25 e i 34 anni anni e poco più di 5mila tra i 35 e i 44 anni, per un totale di 7mila giovani adulti. Si tratta di circa un terzo dei morti in eccesso attesi per tutto il 2020, dunque una larga fetta di decessi non sarebbe provocata direttamente alla COVID-19. Secondo gli autori dello studio, tuttavia, oltre a esserci molte vittime per COVID “sfuggite” alle statistiche ufficiali, vanno tenute presenti anche le cause indirette. Ad esempio, se tra marzo e luglio del 2018 ci sono stati poco più di 10mila giovani morti per overdose da oppiodi, nel 2020 ci sono stati quasi 12mila decessi nella medesima fascia di età.

Alcuni studi hanno suggerito che l'isolamento, la distanza dagli affetti, la perdita del lavoro e tutte le altre conseguenze negative prodotte dalla pandemia hanno fatto piombare nella dipendenza da oppiodi e altre sostanze stupefacenti tantissime persone, molte delle quali morte per overdose, dunque i decessi in più possono essere comunque associati alla pandemia. Ma va anche contemplata la riduzione nella ricerca dell'assistenza sanitaria per altre condizioni (i morti per infarto sono addirittura triplicati per paura di recarsi in ospedale e rischiare il contagio), quindi direttamente o indirettamente la diffusione del coronavirus ha avuto un impatto significativo nello spezzare la vita a decine di migliaia di giovani. Come specificato da Faust e colleghi, tuttavia, solo più avanti si potranno condurre studi statistici più accurati sui dati per la mortalità nel 2020, e avere così un quadro più chiaro su effetti diretti e indiretti del virus. I dettagli della ricerca “All-Cause Excess Mortality and COVID-19–Related Mortality Among US Adults Aged 25-44 Years, March-July 2020” sono stati pubblicati su JAMA.

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