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La meravigliosa “Venezia dell’Età della Pietra” fu distrutta dai cambiamenti climatici

L’antica città cinese di Liangzhu, caratterizzata da monumentali opere di ingegneria idrica, fu distrutta e abbandonata a causa di un devastante cambiamento del clima.
A cura di Andrea Centini
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I resti dell'antica Liangzhu. Credit: wikipedia
I resti dell'antica Liangzhu. Credit: wikipedia

Circa 5.300 anni fa, nel cuore del delta dello Yangtze, il maestoso “Fiume Azzurro” che attraversa la Cina, si sviluppò una delle comunità tecnologicamente più avanzate dell'epoca, grazie alla costruzione di monumentali sistemi di gestione dell'acqua complessi e affascinanti. Gli uomini e le donne che vi vivevano realizzarono infatti una spettacolare rete di canali navigabili, dighe, bacini e altre grandi strutture di ingegneria idraulica, tutte racchiuse in grandi mura per proteggere la città dalle incursioni nemiche. Per i visitatori doveva essere uno spettacolo straordinario. Non a caso Liangzhu, questo il nome dell'insediamento affacciato affacciato sul Mar Cinese Orientale, è stata soprannominata dagli esperti la “Venezia dell'Età della Pietra”. Per rendersi conto di quanto fosse straordinaria e unica, basti pensare che all'epoca non esisteva ancora la metallurgia. Questo intricato dedalo di canali permetteva di coltivare grandi superfici agricole per tutto l'anno, accrescendo il benessere, la cultura e l'economia della comunità. La spettacolare città sull'acqua prosperò grazie alle sue rivoluzionarie infrastrutture per mille anni, poi, improvvisamente, venne distrutta e abbandonata, lasciandoci in eredità le vestigia che dal 2019 sono elencate tra i Patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO. Oggi, grazie a un approfondito studio, è stato dimostrato che la fine di Liangzhu fu causata dai cambiamenti climatici.

A determinare che fu il cambiamento climatico – all'epoca scatenato da eventi del tutto naturali, a differenza dell'attuale – è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati austriaci del Dipartimento di Geologia dell'Università di Innsbruck, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi cinesi dell'Università Xi'an Jiaotong. Gli scienziati, coordinati dal professor Christoph Spötl, a capo del Quaternary Research Group dell'ateneo austriaco, sono giunti alle loro conclusioni dopo essere andati a caccia di indizi nel cuore delle grotte di Shennong e Jiulong. I depositi, le stalagmiti e le altre strutture naturali presenti nelle grotte naturali sono infatti considerate preziosissimi “archivi climatici”, dalla cui analisi è possibile determinare con precisione cosa è accaduto in un determinato intervallo di tempo. Ma perché Spötl e colleghi hanno cercato proprio indizi climatici? Come spiegato dallo scienziato in un comunicato stampa, sulle rovine di Liangzhu è stato trovato un sottile strato di argilla, che indicava “una possibile connessione tra la fine della civiltà avanzata e le inondazioni del fiume Yangtze o le inondazioni del Mar Cinese Orientale”. A maggior ragione se si considera che per la caduta della “Venezia dell'Età della Pietra” non sono state trovate prove di guerre e altri eventi scaturiti dall'uomo.

Poiché dalla sola argilla non si potevano fare ipotesi, gli scienziati sono andati a cercare indizi climatici sul passato di Liangzhu nelle due grotte sopraindicate, raccogliendo campioni che sono stati sottoposti a peculiari esami di laboratorio. Nello specifico, nei laboratori dell'ateneo austriaco sono stati misurati i livelli degli isotopi del carbonio e di uranio-torio presenti nelle stalagmiti; ciò ha permesso di determinare che tra 4.345 e 4.324 anni fa ci furono precipitazioni particolarmente intense, proprio associate al periodo della caduta della città. Secondo gli esperti, tali precipitazioni legate a un evento monsonico distruttivo avrebbero fatto travolgere la città dalle esondazioni dello Yangtze e/o da una violentissima alluvione scatenata dal Mar Cinese Orientale, portando alla distruzione di dighe, canali e altre monumentali opere idriche realizzate dagli uomini. I sopravvissuti alla catastrofe dovettero fuggire e abbandonare alle loro spalle i resi della città devastata. In base alle analisi condotte sulle stalagmiti gli scienziati hanno osservato che l'instabilità climatica nell'area è durata per altri 300 anni, impedendo agli uomini di ricostruire Liangzhu e consegnandola così ai libri di archeologia. I dettagli della ricerca “Collapse of the Liangzhu and other Neolithic cultures in the lower Yangtze region in response to climate change” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista Science Advance.

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