Uno studio recente, pubblicato su Science Translational Medicine, mostra che l'iniezione del virus HIV inattivato con il calore può risvegliare la reazione immunitaria in alcuni pazienti, limitando il loro bisogno di farmaci per settimane o mesi. I vaccini funzionano stimolando i meccanismi naturali di difesa del nostro organismo. Essi possono essere creati rendendo innocuo il virus in questione, grazie al calore o a sistemi chimici, e reiniettandolo poi nel paziente. In questo modo l’antigene non è in grado di innescare la malattia perché non capace di riprodursi, ma il nostro organismo crea gli anticorpi specifici in base alla sua superficie. In altre parole, si traggono i benefici da un’infezione senza subirne le conseguenze. Gli anticorpi permangono nella memoria dell’organismo e si sviluppa l’immunità permanente contro quel preciso agente patogeno.
Il virus HIV attacca proprio le nostre difese immunitarie. L’AIDS è causata dal virus HIV (virus dell’immunodeficienza umana). Come gli altri virus, l’HIV si riproduce solamente all’interno di un'altra cellula viva e la sua specializzazione sono le difese immunitarie. Attacca direttamente la più importante catena di difesa del corpo umano, i linfociti T helper, l’unico tra i virus conosciuti ad utilizzare questa strategia. Durante il processo d’infezione si formano molti anticorpi, che però risultano inefficaci nel neutralizzare l’HIV, dato che questo è in grado di cambiare la propria struttura per invadere con maggiore efficienza le difese immunitarie umane.
Vaccino contro l’AIDS: speranze reali
Esiste un consenso scientifico rispetto al fatto che un vaccino per l’AIDS è un obiettivo raggiungibile. Le scimmie, infatti, sono state protette dal virus SIV (virus da immunodeficienza delle scimmie) – molto simile all'HIV per il meccanismo di azione – utilizzando vaccini sperimentali e altri candidati per vaccini sono stati testati positivamente anche sull’uomo.
Una vittoria al 90%. Lo studio riporta un approccio in grado di abbassare i livelli di virus in modo sostanziale. Gli scienziati hanno usato campioni di sangue di 22 pazienti, isolando le cellule del sistema immunitario ed estraendo l'HIV da ognuno di queste. Hanno poi disattivato la potenzialità patogena del virus con il calore e reiniettato nei pazienti le proprie cellule con l’HIV inattivato. Dopo 12 settimane i livelli di virus sono crollati di almeno il 90% in 12 dei 22 volontari. “Il risultato suggerisce che le cellule contenenti il virus inattivato – e che svolgono quindi la funzione di vaccino – possono innescare una reazione immunitaria efficace”, dichiara Felipe Garcia, coautore dello studio e medico presso l'Università di Barcellona.
Ma l’effetto di questo vaccino non dura e necessita del supporto delle terapie standard. Dopo 48 settimane, solo tre dei pazienti trattati con il vaccino sperimentale presentavano ancora gli effetti positivi riscontrati inizialmente. Da notare che tutti i partecipanti all'esperimento erano stati trattati con le terapie antiretrovirali standard, mentre i precedenti tentativi di utilizzare un vaccino per sollecitare una risposta immunitaria in pazienti non trattati con i farmaci standard era fallito. "È probabile che il sistema immunitario della persona è già danneggiato, e quindi non può contare su una risposta funzionale antivirale sufficientemente efficace", afferma Anders Fomsgaard, medico presso lo Statens Serum Institute di Copenhagen.
Indebolire il virus aiuterebbe ad arginare la diffusione dell’AIDS
“Anche se un vaccino terapeutico non è in grado di sradicare completamente il virus dell’AIDS dal corpo, sarebbe comunque utile se si dimostrasse essere di lunga durata”, sottolinea Garcia. Schiacciare il virus a livelli estremamente bassi significherebbe che molti pazienti non avrebbero più bisogno di farmaci, non mostrerebbero i sintomi più gravi della malattia e trasmetterebbero con molta meno probabilità il virus ad altre persone. Anche se non si riesce a battere l’HIV, un primo risultato positivo sarebbe quello di rallentarne la diffusione e contenere le spese sanitarie in termini di cure e farmaci. Una speranza per un futuro prossimo anche secondo Robert Gallo, virologo statunitense fra i scopritori del virus stesso.
Rispetto a dieci anni fa ci sono stati 700.000 casi di AIDS in meno. La diminuzione dei nuovi casi di AIDS non è da attribuire a una diminuita incidenza delle nuove infezioni da HIV, quanto piuttosto all’effetto della terapia antiretrovirale. I dati sono pubblicati nel UNAIDS World AIDS Day report 2012. Il trattamento, infatti, ha rallentato la progressione della malattia (la durata del tempo di incubazione dell’AIDS, che era di circa 10 anni, oggi è almeno raddoppiata), riducendo sia il numero dei pazienti che evolve in fase conclamata sia i morti. Paradossalmente, dal momento che il numero di decessi è inferiore a quello dei nuovi casi, i dati mostrano un aumento del numero di persone sieropositive viventi.
Esiste, però, un’altra faccia della medaglia. L’aumento della sopravvivenza determina un incremento del numero di persone sieropositive inconsapevoli del proprio stato di contagiosità e che contribuiscono quindi alla diffusione dell’infezione. Di 34 milioni di infetti, la metà non è consapevole della propria sieropositività. Il fenomeno più inquietante consiste nell’aumento delle persone che scoprono troppo tardi di essere sieropositive, ovvero in uno stadio di malattia molto avanzato. In altre parole, la portata dell’epidemia è in crescita e una delle cause è proprio il fatto che i sieropositivi vivono più a lungo e godono di una qualità di vita migliore grazie alle terapie esistenti. Ciò provoca una minore percezione del rischio di contrarre e trasmettere l’infezione, soprattutto per via sessuale.
Un vaccino per l’AIDS è possibile, ma vincere la sfida comporterà uno sforzo preciso e costante. Sviluppare un vaccino contro l’AIDS sarà uno dei più grandi successi mai visti in tutti i tempi. Non farlo, sarebbe uno dei più grandi fallimenti dell’umanità. [dal sito web di IAVI: http://www.iavi.org]